Grazie Frankie Cosmos per aver fatto uscire il tuo nuovo disco in primavera, così la primavera potrà sbocciare e risplendere, azzurra e incontenibile, risaputa eppure, come ogni volta, nuova. Rigogliosa e luminosa, non ancora lussureggiante ma già irresistibilmente in fiore e indiepop.
Grazie Frankie Cosmos, perché i tuoi 22 anni sembrano fin troppi rispetto a quelli che mi sento io mentre ascolto Next Thing. La primavera del "when you’re young, you’re too young / When you’re old, you’re too old" (What If). La primavera del risveglio e della consapevolezza: "the world is pretty big / it's cool we fit on it / it makes me wanna grow / so I can go see more" (Embody). La primavera delle domande e della debolezza: "I don’t know what I’m cut out for / if there’s anything I have lived for” (Tour Good). La primavera che è ancora tutta da scrivere: “I haven't finished this song yet / will you help me fix it?" (Outside With the Cuties). La primavera dei mille premurosi momenti, tutti identicamente irripetibili e stupiti, in cui ci accorgiamo che "I’m shivering just thinking / where have you been / all these minutes" (Sappho). La primavera che ti fa trattenere il fiato: "why would I kiss ya / if I could kiss ya?". La primavera, infine e per sempre, con tutte le "grace and lightness" trionfali, incarnate, di vita che trabocca di vita e di canzoni che mai, rigorosamente mai sono superano i due minuti e mezzo.
Questo non è twee, o forse se lo è (impossibile non sentire Julian Nation dentro On The Lips, impossibile non sorridere per le citazioni di Eskimeaux, Porches e Florist) arriva da qualche posto diverso e se ne va per un'altra strada. Siamo dopo quella Storia, oltre i rituali "si avvertono reminiscenze di".
Oh Frankie, non importa più quanti anni hai, chi sono i tuoi genitori e quali riviste parlano di te. Lasciamo perdere anche gli uomini che pretendono di spiegarti ogni cosa ("I guess I just make myself the victim / just like you said"), lasciamo perdere "chi pretende di importi schemi e categorie". Sono soltanto così contento, così genuinamente e ingenuamente contento che tu abbia scritto queste canzoni, e che queste canzoni siano qui, ora, e avrei voluto che oggi pomeriggio fossi qui anche tu. "Sono canzoni scritte per la me stessa dei 16 anni": quale migliore primavera si potrebbe raccontare? Soltanto quella, che ritorna in questa. "I look at you everyday / You change, I change, hooray".
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