Ieri è partito il tour che per ben due settimane porterà in giro per l'Italia i Barbarisms. La band di Stoccolma presenta il secondo album Browser, appena uscito proprio per una label italiana, la neonata (ma già molto promettente) A Modest Proposal. L'impatto dal vivo è forse quello più congeniale alla musica dei Barbarisms: un folk rock intenso, accurato e ricco di dettagli, che mi ha ricordato sin dal primo momento nomi come Bright Eyes e Okkervil River. Ma là dove Conor Oberst, tanto per fare un esempio, nelle sue canzoni cercava spesso di spingere il dramma e il dolore fino in fondo, tentando di sconfiggere in questo modo i propri fantasmi, i Barbarisms scelgono invece di raggiungere la felicità, o quanto meno una certa serenità, "per sottrazione". In nessun momento di Browser si avverte mai una pesantezza, quell'eccessiva verbosità che a volte caratterizza questo genere. Sarà per via di un certo distacco scandinavo, ma i Barbarisms riescono a coniugare il loro raccontare storie con melodie distese e azzurre (l'apertura di Heaviest Breather o il crescendo di I Would Not Ask potrebbero appartenere ai migliori Band Of Horses). Anche nei passaggi più raccolti e intimi (per esempio Older Than The Birds) hai sempre l'impressione che i Barbarisms siano sul punto di lasciare le chitarre, sorriderti dal profondo dei loro occhi del Nord e venirti ad abbracciare.
C'è una strofa che mi ha colpito in Eternal Recur e che sembra fatta apposta per riassumere la poetica racchiusa in queste dieci canzoni:
Sometimes it feels like I'm singing all the words I will have to live
Sometimes I wish I could swallow them back down again
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