Le stagioni salvate dalle canzonette, dalle chitarre vorticose, dai battiti veloci e irruenti. Non importa più quali erano i nostri buoni propositi, quale nuovo inizio credevamo di riuscire a intraprendere: “The heart is on restart, and I speak so to speak, but there’s nothing in me” (Recall). Si dice a volte che le canzonette siano vuote, e le canzonette di Guggi Data parlano proprio di vuoto, frasi secche fatte di parole che sembrano suonare vuote, di tempo vuoto che scivola via: “Time takes its toll, I don’t know where to go” (Descending). Un vuoto capace di dissolvere ogni forza di volontà (Willing To Lose) e il senso delle cose di tutti i giorni (Korea Blues). Anche nei momenti più euforici e irragionevoli c’è sempre un’ombra che sembra calare apposta a prosciugare ogni sentimento: “Sharing dreams, I want it all, it’s a selfless kind of thing” (All There Is). L’amore è un’opzione abbastanza indifferente, che in fondo si può abbracciare senza troppo coinvolgimento: “Baby I like your style, you’re so cool, maybe I love you” (Baby). Alla fine il giudizio è impietoso, e nessuno sembra salvarsi: “I’m not free, and you’re just a fool” (900).
Eppure, o forse, proprio per tutto questo, Pop/Rock è uno di quei dischi che ti salva dalla fine dell’estate, che ti scaraventa addosso "Svezia, chitarre supersoniche e malinconia" (come si diceva, stupiti ed entusiasti, qualche mese fa), e che sa scintillare di riverberi e fragorosi feedback, tipo My Bloody Valentine epoca Sunny Sundae Smile, tanto per citare un esempio aulico, oppure i Velocity Girl e i Rocketship, per fare sempre quelli twee, anche se ogni tanto l'album si concede momenti più pomposi e spavaldi, quasi Brit. Gustav Data Andersson, già nei Makthaverskan e nei Westkust, prende tutto quello che gli manca, il tempo e le parole, e da lì riesce a tirare fuori le sue canzonette "pop/rock", proprio come dice il titolo, semplicemente, perché sa bene che soltanto con quelle si salva la fine di un'estate.
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