The echo of pleasure can’t return


The Pains Of Being Pure At Heart - 'The Echo Of Pleasure'



La vita non assomiglia quasi mai a una commedia di John Hughes, e anche se a volte sembra un'ingiustizia, non credo che reggerei quella tensione. Tutti quei momenti agrodolci, le lacrime e un sorriso, la certezza che il tempo ormai è passato e non ritorna, l'abbiamo avuto, è stato nostro e bellissimo ma non ritorna. Crescere, maturare, appianare tutto, trovare l'amore e intanto la canzone giusta - sempre la canzone giusta - che parte sotto. La vita, per fortuna, non è quasi mai così. Inciampiamo, sbagliamo l'entrata, l'amore non è rosa, le battute migliori ci vengono in mente troppo tardi.

Invece, la musica dei Pains Of Being Pure At Heart, che lungo questi quattro album è cambiata, e dai frenetici stridori di feedback degli inzi si è trasformata parecchio, ora riesce quasi a farti sentire come se la vita potesse davvero assomigliare a una commedia di John Hughes. Il nuovo The Echo of Pleasure è senza dubbio la loro prova più Eighties di sempre. Suoni pieni, carichi di synth, fiati, cori, chitarre vistose, vivide. All'irruenza adolescenziale si è sostituita una cura meticolosa nelle atmosfere che Kip Berman costruisce in studio.

L'immagine di un film di Hughes mi è venuta verso metà scaletta, quando sulla mia preferita, Falling Apart So Slow, è stato spontaneo canticchiare i Simple Minds più plateali. A quel punto, non era più difficile immaginare singoli come When I Dance With You o Anymore in mezzo a una di quelle compilation in cassetta con Human League, A-ah, Ultravox o ABC. Oppure la voce di qualche personaggio di Molly Ringwald sostituire quella di Jen Goma in strofe come "If you don’t lose your breath for the things you believe / How can you know if you really do" (So True).

La capacità dei TPOBPAH di far planare con la massima naturalezza testi semplicissimi che però traboccano inconsolabile mestizia sopra musiche spensierate, da ballare nel più classico dei "breakfast club", raggiunge qui nuovi livelli di crudeltà, altro che "pure at heart".

"Summer comes and summer dies / Kiss me like we’re half alive / Say what I already know / Take my hand, we’re falling apart so slow". E con questo arriviamo alla data di uscita dell'album, un primo settembre che è sempre il vero inizio dell'anno, il commiato dall'estate (the pains!) che ti lascia quel nodo in gola così indiepop.







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