Una serie interminabile di domande attraversa Antisocialites, il secondo e atteso album degli Alvvays. “What’s left for you and me?” chiede la magnifica apertura In Undertow, mettendo in chiaro da subito quale sentimento animerà la raccolta, fino ad arrivare alla conclusiva “Did you want to forget about life with me tonight?”, che sembra avere abbandonato la speranza di ogni conforto che non sia oblio. In mezzo, luci incerte dentro immagini di sogno (o era solo un ricordo di noi due?): “If I saw you on the street, would I have you in my dreams tonight?” Poco dopo, un amore tenta di aggrapparsi alle figure votive di Jim Reid e Iggy Pop sublimate nell’LSD, ma puntualmente manca l’obiettivo: “You’re a lollipop in my hair, how could I ever betray you?”. Altrove, una Molly Rankin in versione “mayhem” prova a fare piazza pulita delle insopportabili indecisioni del suo amante: “Hey, have you lost your sense of place?”.
Una serie interminabile di domande che però non sembrano avere bisogno davvero di una risposta. "Now that you’re not my baby / I feel alive for the first time". La band di Toronto non attende indicazioni, sa già qual è la strada che dovrà intraprendere. Forse non c'è dolore più grande ma, dal punto di vista onnisciente ed egoista di noi ascoltatori, non possiamo che esserne felici.
Come ogni grande gruppo indiepop, anche gli Alvvays riescono alla perfezione a tenderci la trappola musicale più dolce, seducente e prevedibile di tutte: mescolare malinconia e tristezza con canzoni squillanti, capaci di trascinare e fare letteralmente scoppiare il cuore di gioia. Mentre i testi racchiudono la cronaca intima, a tratti cupa, di un deterioramento inesorabile, le chitarre e le melodie degli Alvvays sembrano raggiungere uno splendore e una grazia pieni di eccitazione, trovando una forza se possibile anche superiore a quella dell’album che ce li ha fatti conoscere. Sopra misuratissimi tappeti di synth, il suono si è fatto ancora più spazioso, caldo e palpitante. Il rumore è tenuto quasi sempre sotto il livello di guardia.
Se lungo Antisocialites qui e là tornano in mente i prevedibili paragoni che facevamo di fronte alle loro prime prove, dall'indie rock estivo à la Best Coast, all'indiepop più scintillante di Camera Obscura / Concretes (e in mezzo aggiungiamo il rimando ai Television Personalities di Plimsoll Punks, e quella deliziosa riproduzione in scala dei Fleetwood Mac che è Dreams Tonite), bisogna riconoscere che gli Alvvays hanno ormai sviluppato un suono che, in tutto e per tutto, è soltanto loro. E soprattutto bisogna riconoscere che sono riusciti a realizzare un secondo album che addirittura supera le aspettative e i risultati dell'esordio.
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