Nonostante Jason Quever abbia ormai raggiunto il traguardo del sesto album, forse ancora non molti possono dire di averlo mai sentito nominare. Eppure la sua band, i Papercuts, ha in discografia anche un passaggio su Sub Pop (l’ottimo Fading Parade del 2011), e un paio di altri dischi sono usciti per l'etichetta Gnomonsong di Devendra Banhart. Soprattutto, Quever ha collaborato come ingegnere del suono, produttore, musicista o compositore con una quantità di artisti che invece conosciamo molto bene: dai Beach House ai Luna e Dean Wareham, dai Mantles agli Eux Autres, passando per Still Flyin’, Cass McCombs e Casiotone For The Painfully Alone, insieme a cui Quever aveva praticamente cominciato la carriera, oltre tre lustri fa.
Con i Papercuts ha messo a punto un suono caldo, a volte più barocco, a volte più frugale, ma sempre molto prezioso e curato, capace di coniugare certe scritture senza fronzoli alla Velvet Underground e atmosfere più sospese e notturne, che a volte mi fanno venire in mente gli Zombies, mentre la voce di Quever risulta sempre morbidissima e malinconica, anche quando resta molto in primo piano.
Con il suo ultimo lavoro, Parallel Universe Blues, approda alla Slumberland, e anche se magari non sarà un definitivo punto d’arrivo sembra un esito naturale e appropriato. Vedi quegli accenni quasi shoegaze di Sing To Me Candy, quell'ostinazione alla Veronica Falls di Walk Backwards, o certi contorni dolenti di forme spettrali alla Aislers Set, per esempio in All Along St. Mary's.
La mia preferita della scaletta, devo proprio dirlo, è How To Quit Smoking, che ha quel carattere di disadorna grandiosità dei migliori Belle and Sebastian o Magnetic Fields. Poche strofe che sembrano fatte di niente, una nuvola di fumo che svanisce, un posacenere vuoto, un televisore acceso che non ascolta nessuno, e che poi ti lasciano con il colpo di grazia: "this is the last day".
Dieci canzoni che brillano per gli arrangiamenti eleganti ed efficaci, un indiepop senza tempo che meriterebbe un po' più del nostro tempo, come del resto il nome dei Papercuts meriterebbe un po' più di notorietà.
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