Ci sono dischi che fluttuano in un'atmosfera tutta loro e che ti sono arrivati vicino senza che tu avessi la minima idea di come era possibile comunicare. Ci sono dischi che appaiono come finestre circolari affacciate sopra un altro mondo, una realtà parallela in cui le leggi della fisica sono leggermente sfasate rispetto a quelle che conosci e dai per scontate. Certi elementi isolati sono familiari, non troppo appariscenti. Eppure la maniera in cui si mescolano e gli effetti che producono ti lasciano sconcertato. Hai l'impressione di guardare troppo a lungo dentro un trompe l'oeil.
Oggi Dye Xanh di Sky Mata per me è stato uno di questi. Forse potrei dirti che assomiglia a una curiosa via di mezzo tra indolenze Mac De Marco e visioni Stereolab, con una forte predilezione per ritmi e colori sudamericani. Eppure questo cercare di distinguere profili conosciuti, questo tentare di mettere dei punti fermi non è utile per raccontare il fascino suadente ma in qualche modo dissimulato di questo lavoro. Lo stesso Sky Mata descrive Dye Xanh come una "alma brasileira com memorias del Nepal e Sri Lanka" (anche in forma di field recordings), riuscendo però a mostrarci soltanto una faccia del prisma.
Sky Mata è un progetto solista del musicista giapponese Mashu Haya, la cui biografia recita soltanto "home recording is so fun", e in effetti nell'abbondanza di imprevedibili dettagli delle sue canzoni questo divertimento è decisamente palpabile.
Dye Xanh, apparso per la prima volta nel 2017, è stato da poco ristampato in cassetta dalla Citrus City Records in collaborazione con la Like Spinning Tapes di Montreal.
Commenti
Posta un commento