Dalle lontane province dell'indiepop arrivano ancora piccole e molto gradite sorprese. Per esempio, con il nome che si sono scelti, così poco appariscente e così poco Google-friendly, The Artisans rischiavano di passare inosservati. In realtà, quello della band inglese vuole essere sia un omaggio agli Orange Juice, sia un inside joke del frontman Kevin McGrother, "produttore di formaggio di giorno e pasticciere notte" (ma quando troverà il tempo di scrivere canzoni così adorabili?), e quindi conquistano già la mia simpatia.
Provengono dal Nord-Est di cittadine come Teesside e Tyneside, segnalano tra i loro hobby "drinking tea" e "shopping at The Co-operative", e si sono trovati a suonare assieme grazie alla passione comune per la scena C86. Alla fine, però, il loro album di debutto si orienta verso un indiepop britannico più classico e meno sregolato, che riesce a essere quasi sempre carico di ottimismo nonostante i testi un po' malinconici. Tra queste dodici canzoni possiamo ritrovare ispirazioni Wedding Present, Flatmates o Primitives (con i quali, non a caso, The Artisans hanno condiviso un live), atmosfere più morbide da Math & Physics Club, arrangiamenti di tromba che fanno tornare in mente certi Tullycraft più agrodolci (che bello quando appare la seconda voce!), o anche rapide incursioni verso ombre new wave.
Ma se c'è un tratto comune che corre lungo tutto questo simpatico album autoprodotto, per me resta quello di un grande e schietto amore per l'indiepop, una semplice fiducia che in qualche modo riesce a regalarti qualche irragionevole speranza.
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