Un po’ come decidere di tornare da Cesenatico a Bologna una domenica pomeriggio all'inizio ruggente dell’estate, allontanarsi dalla coda per l’autostrada, staccare il navigatore e scegliere di non seguire nemmeno la retta Via Emilia. Alle spalle la Riviera, tramonto scintillante incontro ai nostri sorridenti occhiali da sole, e perdersi lungo le strade della campagna, gli stradelli e gli infiniti rettilinei deserti del Midwest romagnolo. Tutta una teoria di nomi chiaramente inventati pochi istanti prima del nostro passaggio e dipinti su cartelli arrugginiti al solo scopo di confonderci: Bagnarola, Bagnile, La Cella, Casemurate… E poi campi a perdita d’occhio, sole argini campanili e filari: ipotesi distanti, noi andiamo avanti per di qua, allunghiamo ancora un po’. Il finestrino è abbassato, il braccio è di fuori, e se davvero questa è l’estate e tu la riconosci, allora ci vuole un disco con le chitarre.
Il disco che suona forte è il nuovo album dei Clever Square, il ritorno insperato dopo l’addio di quattro anni fa, un congedo amaro che chiudeva un precoce decennale di carriera. Non potrebbe esserci colonna sonora migliore per questo pomeriggio, per quest’aria e questa luce sulla pelle. Scherziamo dicendo che è indie rock di quello buono, sano, a chilometro zero, dato che Giacomo D’Attorre viene da qui dietro, Ravenna.
Non mi era capitato quasi mai di vedere e di seguire una band tanto da vicino, proprio nel momento in cui nasce e cresce, come è successo con i Clever Square (quante volte ti avrò raccontato della prima volta che vennero ospiti in radio e ancora non avevano l’età per guidare, andai a prenderli alla stazione, mangiammo una pizza sul mixer e poi fecero uno dei live unplugged che ricordo con più affetto). Non mi era capitato quasi mai, almeno dalle nostre parti, di fare così tanto il tifo per dei ragazzini su cui nessuno avrebbe scommesso una birra piccola. Guarda, sono passati quindici anni e senti come suonano oggi queste canzoni. Sono nuove, ma sono già tutta un’estate che riconosci benissimo. I Clever Square, un po’ come questa strada rovente che si ingarbuglia da sola in mezzo alla pianura libera, un po’ come noi che preferiamoci perderci ma trovare da soli il nostro viaggio, si sono persi anche loro cento volte, hanno sprecato fiato e benzina, eppure oggi, sulla strada per casa, li ritrovo ancora in cammino, ancora pronti a guardare e ad andare avanti. Velocità di crociera: Novanta fissi. Sento che sono in gran forma e forse per la prima volta non hanno nessuna timidezza a dirlo.
Questo nuovo album, pubblicato da Bronson Recordings, riesce allo stesso tempo a tornare sui loro sentieri più battuti, ma anche a prendere una traiettoria nuova, a indovinare quella prospettiva diversa che ci mette addosso dell’entusiasmo schietto e ci fa battere le mani sul volante. Se vogliamo semplificare, questo disco è un po’ meno Dinosaur Jr. e un po’ più Lemonheads, un po’ più Terror Twilight e un po’ meno Crooked Rain, tanto per cercare qualche punto cardinale alla lontana. Ma in generale, tutto il disco respira un’aria leggera come mai si era sentita soffiare nei lavori precedenti dei Clever Square. Quell'approccio lo-fi e irruente con cui li avevamo conosciuti non ci manca, perché in qualche modo gli arrangiamenti di queste canzoni trasportano quello spirito in un linguaggio più diretto e semplice, pur essendo più misurato. Sappiamo immaginare come sarebbero suonate queste canzoni qualche anno fa, ma oggi ci piace che le distorsioni restino trattenute. Ci piace che, sotto sotto, se alziamo ancora il volume dell’autoradio, faccia la sua apparizione anche un Wurlitzer. E soprattutto, bisogna riconoscere che Giacomo non ha mai cantato così bene, in maniera tanto nitida ed efficace. Questa è l’altra grande differenza di questo album. Quando entra sul ritornello di Cringe, puntiamo il dito al cielo infuocato della provincia e cantiamo anche noi a squarciagola. Oppure il modo in cui lascia spazio alla voce di Adele Nigro (Any Other) dentro Avocado Phishing, in cui si rivela uno stile maturo che mi ha davvero sorpreso.
La presentazione dell’album (e lo stesso Giacomo, in una delle sue sempre interessanti interviste) spiega che le registrazioni sono state curate da Marco “Halfalib" Giudici, una scelta che a qualcuno, a priori, sarebbe potuta sembrare quanto meno singolare. Ma che, a conti fatti, facendo incontrare due idee di musica non proprio vicine, lavorando di sottrazione per far emergere la vera direzione di queste scritture, ha prodotto un risultato magnifico. Ancora più bello per il modo e il momento in cui è arrivato nella storia dei Clever Square. E questo album, che mi sembra suonare tutto il contrario di una fine domenica pomeriggio d’estate, è un grandioso ritorno a casa, ma senza aver sbagliato proprio nessuna strada, senza nostalgia e senza rimpianti. Perché senza nostalgia né rimpianti è come i Clever Square sanno parlare ancora indie rock.
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