Le cose non sono mai quello che sembrano, si usa dire a volte. Ecco, per parlare di Transanomia si potrebbe allora aggiungere che le cose non sono mai quello che suonano: è una continua giravolta, un gioco delle tre carte tra canzoni che sembrano offrirti una strofa di ballata romantica, per poi prenderti in giro subito dopo con un ritornello che diventa una filastrocca beffarda, e quando stanno per confessarti qualche sincero dolore o rimpianto poi si nascondono all'improvviso sotto strati di rumore.
Transanomia è il nuovo, spiazzante e imprevedibile album di Lennard Rubra, giovane cantautore di Riccione che avevamo conosciuto appena alla fine dell'anno scorso con Paracusie notturne. Nella presentazione di questo nuovo lavoro Lennard Rubra definisce la propria musica "pop decostruito", e davvero non potrei trovare una sintesi migliore: certe chitarre acide che potrebbero arrivare da un disco di psichedelia del 1967 si sposano con melodie che fanno tornare alla mente il più classico ballo liscio, tensioni post-punk si scontrano con un'evidente inclinazione all'improvvisazione e con il gusto di dilatare e portare all'esasperazione ogni suono, mentre le parole si perdono tra gli echi che assediano di continuo la voce.
Si potrebbe dire che quella di Lennard Rubra è una scrittura onnivora, che sembra volere andare al tempo stesso in ogni direzione, fagocitando sé stessa pur continuando a espandersi senza sosta. È una contraddizione che si dissolvenella musica: "Mi fa così male / rivederti e dirti /che non voglio più vederti".
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