Paper Suit, il debutto solista di Nicole Yun, che già conoscevamo come versatile cantante degli ottimi Eternal Summers, è uno di quei dischi indie rock che qualche anno fa avrebbe preso un punteggio medio, tipo un 7.8 (oggi forse certe testate nemmeno ne parleranno). Quei voti così cesellati erano anche un modo per liquidare la necessità di un giudizio - un disco senza evidenti difetti, ma fuori dall'hype di stagione - e passare oltre.
L'elemento che, nel caso di Paper Suit, un voto del genere corre il rischio di lasciare fuori dal discorso è la quantità di mezzi che il disco mette in campo per raggiungere quello che, a un ascolto distratto, sembra soltanto una "buona qualità", da punteggio medio, per l'appunto. C'è il dream pop di And After All, le ondulazioni sinuose di Grand Prize o Maximum, che ricordano certe eleganze dei vecchi Cardigans, l'indie rock da ascoltare sulla freeway di Supernatural Babe, la ballata iper-romantica di Destroy Me, con un pianoforte che emerge già pronto per la scena finale di qualche film super nostalgico. Ma tutto così fluido, coeso e curato che si finisce quasi per non provare più stupore a ogni ulteriore impeccabile passo della playlist.
Credo che buona parte di quello che di buono riesce a ottenere questo disco sia anche una conseguenza della quantità di collaboratori, tra produttori e musicisti, che Nicole Yun è riuscita a coinvolgere in questo suo lavoro solista: Julian Fader degli Ava Luna, Robert Garcia (già nei Bleeding Rainbow), Doug Gillard dei Guided By Voices, Joe Boyer (Cloud Nothings), Duncan Lloyd (Maximo Park) e Jacob Sloan (Pains Of Being Pure at Heart). Insomma, quasi un super-gruppo al servizio di otto tracce di classico indie rock che sembrano già pronte per finire in quelle classifiche tipo "Top10 dei migliori dischi che vi siete persi quest'anno". Ecco, stavolta non fatevi cogliere impreparati.
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