Now I’ll slip into a dream
Where I’m nothing and my mind’s free
Perfect Version, il debutto solista di Julia Shapiro, è un disco dentro cui è molto facile abbandonarsi: languidi strati di suoni quasi impalpabili, una voce sognante e ritmi blandi. Ma, al tempo stesso, è un disco che interroga con insistenza quel nostro abbandonarci. È come se la depressione, la stanchezza e il malessere che la Shapiro canta e analizza, velandoli dietro una musica dissolta e cullante, fossero gli stessi stati d'animo a cui cerchiamo di sfuggire chiedendo rifugio a una musica dentro cui dissolverci e cullarci, e trovandoci poi davanti alle domande di ogni giorno: qual è il senso di questo continuare a trascinarsi? Come posso stare insieme agli altri? Riuscirò a dare un significato alle cose che faccio?
Perfect Version, in qualche modo, è un album "disagevole" proprio perché ti concede fin troppo agio. Che sia la ninnananna di Tired, con la sua melodia distesa, il tappeto di chitarra di Harder To Do, ipnotica e scintillante (e con un magnifico assolo di tromba di Darren Hanlon), o l’indie rock scarno e rilassato di Natural e Around The Block, ogni elemento in queste canzoni sembra disposto ad accoglierti, morbido e luminoso (è un album che si è adattato alla perfezione ai pigri ascolti di questa estate).
La cornice di questa scrittura, invece, racconta un diverso conflitto che la ex cantante dei Chastity Belt ha vissuto sulla propria pelle: come spiega il comunicato di presentazione dell’album, "dealing with health issues, freshly out of a relationship, and in the middle of an existential crisis, she realized halfway through a tour [...] that she was going through too much to continue". E quando ne hai abbastanza di tutto, anche solo per pensare di trascinare il fardello dei giorni, è normale e umano cercare una via di fuga, un suono che dia sollievo. "I’ve spent all my time just trying to be / As close as I can to the perfect version of me" canta la title track. Per fortuna, la pressione che tocca sopportare ("I should really be more present / I should go to bed at a reasonable hour / But what’s the fun in that / It’s impossible to keep your life together"), può regalare anche "effetti collaterali" come la poesia di queste canzoni, e grazie agli amici e alla musica, una nuova, forse fragile ma ritrovata serenità (o una nuova "naturalezza", come racconta la traccia d'apertura) dall'altra parte di questo specchio: "All my problems feel like paper / I can finally rip them up".
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