Se anche voi, come me, purtroppo avete perso l'ultima edizione dell'Indietracks Festival (vero punto di riferimento per la scena indiepop internazionale), non disperate: anche quest'anno Stefano "Barto" Bartolotta (nota firma di Indie-Roccia, BeeHive, Ondarock, BasketInside e chissà quante altre testate, senza dimenticare il suo caro vecchio blog Roundmount...) presta le sue parole a polaroid per un nuovo ricchissimo report. Non manca nulla, e non vi prendete nemmeno la pioggia!
UNA POLAROID DALLE MIDLANDS
Da 13 anni a questa parte, ogni mese di luglio il Midlands Railway Centre è teatro di qualcosa che ormai non è più un semplice festival, e nemmeno un evento, ma rappresenta la perpetuazione di una magia che non smette mai di incantare chi decide di sottoporvisi. Puoi essere stato all’Indietracks un numero elevato di volte, o puoi essere un debuttante, ma il primo pensiero, quando vai via da lì e torni alla vita reale, è che l’anno prossimo ci devi essere. Magari con modalità logistiche e organizzative diverse, tipo il sottoscritto che ha ormai capito di essere troppo vecchio per il campeggio, ma comunque la prima idea è quella di voler tornare.
I fattori dell’incantesimo sono sempre gli stessi: musica bella e varia, luogo suggestivo sia nel suo complesso che per quanto riguarda l’estetica dei singoli palchi, organizzazione impeccabile, bella gente con cui viene sempre naturale scambiare quattro chiacchiere anche se non ci si conosce, mentre, invece, è bello rivedersi ogni anno con le amicizie strette nelle edizioni precedenti. Ci si racconta velocemente come va la propria vita, si fa un riassunto dei nomi per cui si hanno le maggiori aspettative, e alla fine ci si dice chi sono stati i migliori, ci si racconta il viaggio che si sta per fare per tornare a casa e ci si dà appuntamento all’anno prossimo. Detta così potrebbe sembrare una serie di conoscenze superficiali, ma in realtà c’è comunque un’aura di affetto reciproco grazie al quale queste sono tutt’altro che chiacchiere di circostanza. E anche se piove (quest’anno il sabato è stato particolarmente bagnato), sicuramente ci si sente a disagio, ma l’incantesimo produce i medesimi effetti.
Anche altri aspetti del festival come gli orari, la sistemazione dei punti ristoro e le attività collaterali alla musica sono sempre gli stessi, e a tutti quanti va benissimo così. Le uniche novità si sono viste solo nel campeggio, con uno spazio più ampio per tavoli e sedie, necessario durante le affollatissime ore mattutine per la colazione, e la zona della discoteca che non era più rappresentata dal tendone bianco in zona ingresso, ma era una sala al piano superiore rispetto al caffè. La prima novità è stata molto gradita, mentre la seconda ha avuto riscontri contrastanti, visto che la temperatura interna della sala era davvero elevata.
Inizierò ora la descrizione delle singole performance musicali a cui ho assistito, dividendole per categorie. Una premessa necessaria è che il sabato ho dato tutto me stesso per non perdermi niente, mentre le domenica ero stanco e me la sono presa con più calma.
IL MOMENTO CLOU
Gli Spook School sono probabilmente la band più amata dall’intero pubblico dell’Indietracks, e il loro ultimo set prima del tour d’addio di fine agosto/primi di settembre era indubbiamente il momento più atteso. L’abbraccio collettivo tra il quartetto scozzese e i fan si è svolto nel palco all’interno, e non nel principale, probabilmente per favorire la pioggia di palloncini puntualmente arrivata con le ultime note. Nye, Adam, Anna e Niall hanno onorato al meglio il ruolo di vere star di questa edizione, con un live perfetto, sia come scaletta che come esecuzione, e hanno commosso tutti con il rifacimento di What Do We Do Now dei Just Joans con il testo cambiato a tema Indietracks (ad esempio, “do you still drink down the local” è stato sostituito con “do you still drink at the train bar”). Il singalong è stato massiccio, e il senso di gloria e dolore allo stesso tempo è stato fortissimo e indimenticabile.
I MIGLIORI
Al di là del set di cui sopra, impossibile da paragonare con qualunque altra cosa, chi mi ha compito di più sono stati due progetti che hanno messo in mostra non solo ispirazione compositiva e bravura esecutiva, ma anche tantissima personalità. Porridge Radio è un nome che gira da anni ma che è sempre rimasto un po’ sottotraccia, mentre le Big Joanie sono più recenti, ma hanno avuto un’esposizione subito importante (basti pensare allo slot da supporter primario per le Bikini Kill in tutte e due le date londinesi). Entrambi hanno suonato divinamente ed evidenziato molto bene la propria unicità. In una scena che non ha certamente l’innovazione nel proprio DNA, l’emersione di progetti del genere fa bene a tutti e può essere il giusto stimolo per un numero sempre più alto di musicisti a cercare la propria strada
BRAVI
Le Peaness hanno aperto nel migliore dei modi il festival, con il loro live rodatissimo, grazie al quale si apprezza l’equilibrio tra dolcezza e approccio deciso che sta alla base della loro proposta. Armonie musicali e vocali eseguite alla perfezione e grande atmosfera creata subito. Il sabato, poi, è stata un’infilata di bei concerti uno via l’altro: dalla potenza pop-punk dei Fresh, che hanno messo molta più robustezza nel loro suono live e l’impatto ci ha chiaramente guadagnato, all’eleganza dei Mammoth Penguins, in questo momento semplicemente un progetto di caratura superiore per qualità melodica e vocale e per alto profilo degli arrangiamenti, per finire con il set dolce e raffinato di Tracyanne & Danny, chiamati a un compito non facile dopo la botta emozionale degli Spook School ma usciti vincitori dal compito in virtù della loro innata classe. La domenica, i Seazoo hanno ribadito, una volta di più, che se il mondo fosse giusto sarebbero considerati i nuovi alfieri dell’indiepop gallese, e Withered Hand ha regalato ai presenti lo stessi tipo di performance spettacolare di 5 anni fa, che va benissimo così, perché quando una cosa è così bella ed esaltante, non ha senso cambiarla.
BRAVI CON RISERVA
Gli Orielles hanno chiuso il venerdì sera in modo sicuramente soddisfacente, ma chiunque non fosse pienamente convinto della loro proposta su disco, avrà mantenuto le stesse perplessità dal vivo. La sensazione, infatti, è che il loro stile sia troppo basato sui suoni e su un’eccessiva ricerca del ricamino e del colpo ad effetto, e che non ci sia abbastanza cura per il songwriting, e il fatto che, sul palco, la voca sia stata volutamente messa sotto nel bilanciamento dei suoni è un ulteriore indizio in tal senso. I Martha sono stati divertenti e coinvolgenti, soprattutto quando Naomi si è lanciata in un crowd surfing seduta su un canotto gonfiabile che l’ha portata direttamente sotto al palco degli Spook School, ma per prima cosa mi hanno dato l’impressione di rendere molto meglio indoor che non all’aperto, e poi ho avuto la sensazione che non credano molto al loro nuovi disco, visto che in scaletta è stato un po’ trascurato e per ben due canzoni si sono dimenticati parte del testo, e trovo sempre bruttino quando una band mostra di non credere al proprio materiale nuovo, tanto più se è di qualità come in questo caso.
LE DELUSIONI
I Bis erano stati straordinari 6 anni fa, ed erano in full band, ovvero i tre membri più basso e batteria. Qui, questi ultimi due non c’erano, e il live è stato piatto e scialbo. Le Stealing Sheep, su disco, sono autrici di un electropop tra i più dinamici e frizzanti in circolazione, ma anche qui, il voler essere sul palco solo in tre rende tutto piatto e per nulla interessante.
PROGETTI NUOVI DI MUSICISTI AFFERMATI
Detto che in questa categoria mi sono purtroppo perso Advance Base, ovvero la nuova incarnazione di Owen Ashworth, meglio conosciuto come Casiotone For The Painfully Alone, ho comunque potuto assistere a quattro performance interessanti. Gli Athabaska sono guidati da Roxy Brennan, attivissima da diversi anni sia come solista (Two White Cranes) che in diverse band, tra cui soprattutto Grubs e Trust Fund; qui, la Brennan e i suoi tre compagni provano a inserire elementi country e heartland rock in un impianto comunque indiepop, e, almeno con questo set, danno l’impressione di essere già sulla strada giusta. I Jetstream Pony sono il nuovo progetto di Beth Arzy, già nei Trambling Blue Stars e nei Luxembourg Signal: sfortunati il sabato sul palco indoor per via di problemi tecnici mai risolti, hanno avuto l’opportunità last minute di rifarsi in chiesetta la domenica suonando prima di tutti gli altri e hanno fatto vedere di avere in mano un indie pop riverberato di indubbio fascino. Gli Squiggles sono il nuovo progetto guidato da Niall degli Spook School, e nel quale può sfoggiare la propria natura da frontman; visivamente colpisce il look da supereroi e le mise colorate, mentre musicalmente si punta a uno slacker rock lo fi che può essere sviluppato meglio ma che risulta già interessante. Infine, Common Or Garden è Hannah degli Owl & Mouse in versione electropop solitaria, e il suo set è stato trionfale, grazie al suo timbro vocale sempre splendido e a delle dinamiche sonore veramente interessanti.
SCOPERTE IN RITARDO
All’Indietracks capita sempre di ascoltare qualcuno che ha già almeno un disco all’attivo e chiedersi “ma perché me l’ero perso?”. Poco male, comunque, si viene qui anche per rimediare alle lacune. Grawl!x e la sua band sono stati splendidi la domenica in chiesetta: evocativi e sognanti ma anche senza nessuna paura di mettere a nudo sensazioni ben più forti e scomode, un’esperienza musicale e emozionale davvero fuori dal comune. Adult Mom, ovvero la newyorkese Steph Knipe, si presenta sul palco principale con solo voce e chitarra acustica e riempie splendidamente l’atmosfera con le sue canzoni pulite e graziose, nelle quali non ci si fa alcuna remora a parlare di amore tra donne e che risultano davvero molto coinvolgenti anche in veste così essenziale.
LA PROMESSA
Alla fine, di debuttanti veri ne ho ascoltata solo una, ovvero la gallese She’s Got Spies. Esatto, come la canzone dei Super Furry Animals, e si può dire tranquillamente che, se si conosce la canzone, ci si può facilmente immaginare come sia il suono di questa ragazza, ovvero dolcemente spigoloso e con arrangiamenti solo all’apparenza spogli, ma in realtà attenti ai dettagli e alle dinamiche.
CONCLUSIONI
Se avete avuto voglia di leggere fino a qui, intanto grazie mille, e in secondo luogo spero che abbiate capito quanto possa essere speciale un weekend di Indietracks, anche quando non tutti i concerti risultino di proprio gradimento. Ogni momento passato in quei due giorni e mezzo è sempre significativo e portatore di tanti bei ricordi. Spero, quindi, di riuscire a rinunciare al campeggio e essere comunque presente anche nella prossima edizione, perché un anno senza Indietracks è sempre più difficile da immaginare.
photo by Indietracks |
UNA POLAROID DALLE MIDLANDS
Da 13 anni a questa parte, ogni mese di luglio il Midlands Railway Centre è teatro di qualcosa che ormai non è più un semplice festival, e nemmeno un evento, ma rappresenta la perpetuazione di una magia che non smette mai di incantare chi decide di sottoporvisi. Puoi essere stato all’Indietracks un numero elevato di volte, o puoi essere un debuttante, ma il primo pensiero, quando vai via da lì e torni alla vita reale, è che l’anno prossimo ci devi essere. Magari con modalità logistiche e organizzative diverse, tipo il sottoscritto che ha ormai capito di essere troppo vecchio per il campeggio, ma comunque la prima idea è quella di voler tornare.
I fattori dell’incantesimo sono sempre gli stessi: musica bella e varia, luogo suggestivo sia nel suo complesso che per quanto riguarda l’estetica dei singoli palchi, organizzazione impeccabile, bella gente con cui viene sempre naturale scambiare quattro chiacchiere anche se non ci si conosce, mentre, invece, è bello rivedersi ogni anno con le amicizie strette nelle edizioni precedenti. Ci si racconta velocemente come va la propria vita, si fa un riassunto dei nomi per cui si hanno le maggiori aspettative, e alla fine ci si dice chi sono stati i migliori, ci si racconta il viaggio che si sta per fare per tornare a casa e ci si dà appuntamento all’anno prossimo. Detta così potrebbe sembrare una serie di conoscenze superficiali, ma in realtà c’è comunque un’aura di affetto reciproco grazie al quale queste sono tutt’altro che chiacchiere di circostanza. E anche se piove (quest’anno il sabato è stato particolarmente bagnato), sicuramente ci si sente a disagio, ma l’incantesimo produce i medesimi effetti.
Anche altri aspetti del festival come gli orari, la sistemazione dei punti ristoro e le attività collaterali alla musica sono sempre gli stessi, e a tutti quanti va benissimo così. Le uniche novità si sono viste solo nel campeggio, con uno spazio più ampio per tavoli e sedie, necessario durante le affollatissime ore mattutine per la colazione, e la zona della discoteca che non era più rappresentata dal tendone bianco in zona ingresso, ma era una sala al piano superiore rispetto al caffè. La prima novità è stata molto gradita, mentre la seconda ha avuto riscontri contrastanti, visto che la temperatura interna della sala era davvero elevata.
Inizierò ora la descrizione delle singole performance musicali a cui ho assistito, dividendole per categorie. Una premessa necessaria è che il sabato ho dato tutto me stesso per non perdermi niente, mentre le domenica ero stanco e me la sono presa con più calma.
IL MOMENTO CLOU
photo by The Spook School |
Gli Spook School sono probabilmente la band più amata dall’intero pubblico dell’Indietracks, e il loro ultimo set prima del tour d’addio di fine agosto/primi di settembre era indubbiamente il momento più atteso. L’abbraccio collettivo tra il quartetto scozzese e i fan si è svolto nel palco all’interno, e non nel principale, probabilmente per favorire la pioggia di palloncini puntualmente arrivata con le ultime note. Nye, Adam, Anna e Niall hanno onorato al meglio il ruolo di vere star di questa edizione, con un live perfetto, sia come scaletta che come esecuzione, e hanno commosso tutti con il rifacimento di What Do We Do Now dei Just Joans con il testo cambiato a tema Indietracks (ad esempio, “do you still drink down the local” è stato sostituito con “do you still drink at the train bar”). Il singalong è stato massiccio, e il senso di gloria e dolore allo stesso tempo è stato fortissimo e indimenticabile.
I MIGLIORI
Al di là del set di cui sopra, impossibile da paragonare con qualunque altra cosa, chi mi ha compito di più sono stati due progetti che hanno messo in mostra non solo ispirazione compositiva e bravura esecutiva, ma anche tantissima personalità. Porridge Radio è un nome che gira da anni ma che è sempre rimasto un po’ sottotraccia, mentre le Big Joanie sono più recenti, ma hanno avuto un’esposizione subito importante (basti pensare allo slot da supporter primario per le Bikini Kill in tutte e due le date londinesi). Entrambi hanno suonato divinamente ed evidenziato molto bene la propria unicità. In una scena che non ha certamente l’innovazione nel proprio DNA, l’emersione di progetti del genere fa bene a tutti e può essere il giusto stimolo per un numero sempre più alto di musicisti a cercare la propria strada
BRAVI
photo by Padda |
Le Peaness hanno aperto nel migliore dei modi il festival, con il loro live rodatissimo, grazie al quale si apprezza l’equilibrio tra dolcezza e approccio deciso che sta alla base della loro proposta. Armonie musicali e vocali eseguite alla perfezione e grande atmosfera creata subito. Il sabato, poi, è stata un’infilata di bei concerti uno via l’altro: dalla potenza pop-punk dei Fresh, che hanno messo molta più robustezza nel loro suono live e l’impatto ci ha chiaramente guadagnato, all’eleganza dei Mammoth Penguins, in questo momento semplicemente un progetto di caratura superiore per qualità melodica e vocale e per alto profilo degli arrangiamenti, per finire con il set dolce e raffinato di Tracyanne & Danny, chiamati a un compito non facile dopo la botta emozionale degli Spook School ma usciti vincitori dal compito in virtù della loro innata classe. La domenica, i Seazoo hanno ribadito, una volta di più, che se il mondo fosse giusto sarebbero considerati i nuovi alfieri dell’indiepop gallese, e Withered Hand ha regalato ai presenti lo stessi tipo di performance spettacolare di 5 anni fa, che va benissimo così, perché quando una cosa è così bella ed esaltante, non ha senso cambiarla.
BRAVI CON RISERVA
photo by Padda |
Gli Orielles hanno chiuso il venerdì sera in modo sicuramente soddisfacente, ma chiunque non fosse pienamente convinto della loro proposta su disco, avrà mantenuto le stesse perplessità dal vivo. La sensazione, infatti, è che il loro stile sia troppo basato sui suoni e su un’eccessiva ricerca del ricamino e del colpo ad effetto, e che non ci sia abbastanza cura per il songwriting, e il fatto che, sul palco, la voca sia stata volutamente messa sotto nel bilanciamento dei suoni è un ulteriore indizio in tal senso. I Martha sono stati divertenti e coinvolgenti, soprattutto quando Naomi si è lanciata in un crowd surfing seduta su un canotto gonfiabile che l’ha portata direttamente sotto al palco degli Spook School, ma per prima cosa mi hanno dato l’impressione di rendere molto meglio indoor che non all’aperto, e poi ho avuto la sensazione che non credano molto al loro nuovi disco, visto che in scaletta è stato un po’ trascurato e per ben due canzoni si sono dimenticati parte del testo, e trovo sempre bruttino quando una band mostra di non credere al proprio materiale nuovo, tanto più se è di qualità come in questo caso.
LE DELUSIONI
I Bis erano stati straordinari 6 anni fa, ed erano in full band, ovvero i tre membri più basso e batteria. Qui, questi ultimi due non c’erano, e il live è stato piatto e scialbo. Le Stealing Sheep, su disco, sono autrici di un electropop tra i più dinamici e frizzanti in circolazione, ma anche qui, il voler essere sul palco solo in tre rende tutto piatto e per nulla interessante.
PROGETTI NUOVI DI MUSICISTI AFFERMATI
|
Detto che in questa categoria mi sono purtroppo perso Advance Base, ovvero la nuova incarnazione di Owen Ashworth, meglio conosciuto come Casiotone For The Painfully Alone, ho comunque potuto assistere a quattro performance interessanti. Gli Athabaska sono guidati da Roxy Brennan, attivissima da diversi anni sia come solista (Two White Cranes) che in diverse band, tra cui soprattutto Grubs e Trust Fund; qui, la Brennan e i suoi tre compagni provano a inserire elementi country e heartland rock in un impianto comunque indiepop, e, almeno con questo set, danno l’impressione di essere già sulla strada giusta. I Jetstream Pony sono il nuovo progetto di Beth Arzy, già nei Trambling Blue Stars e nei Luxembourg Signal: sfortunati il sabato sul palco indoor per via di problemi tecnici mai risolti, hanno avuto l’opportunità last minute di rifarsi in chiesetta la domenica suonando prima di tutti gli altri e hanno fatto vedere di avere in mano un indie pop riverberato di indubbio fascino. Gli Squiggles sono il nuovo progetto guidato da Niall degli Spook School, e nel quale può sfoggiare la propria natura da frontman; visivamente colpisce il look da supereroi e le mise colorate, mentre musicalmente si punta a uno slacker rock lo fi che può essere sviluppato meglio ma che risulta già interessante. Infine, Common Or Garden è Hannah degli Owl & Mouse in versione electropop solitaria, e il suo set è stato trionfale, grazie al suo timbro vocale sempre splendido e a delle dinamiche sonore veramente interessanti.
SCOPERTE IN RITARDO
photo by Indietracks |
All’Indietracks capita sempre di ascoltare qualcuno che ha già almeno un disco all’attivo e chiedersi “ma perché me l’ero perso?”. Poco male, comunque, si viene qui anche per rimediare alle lacune. Grawl!x e la sua band sono stati splendidi la domenica in chiesetta: evocativi e sognanti ma anche senza nessuna paura di mettere a nudo sensazioni ben più forti e scomode, un’esperienza musicale e emozionale davvero fuori dal comune. Adult Mom, ovvero la newyorkese Steph Knipe, si presenta sul palco principale con solo voce e chitarra acustica e riempie splendidamente l’atmosfera con le sue canzoni pulite e graziose, nelle quali non ci si fa alcuna remora a parlare di amore tra donne e che risultano davvero molto coinvolgenti anche in veste così essenziale.
LA PROMESSA
Alla fine, di debuttanti veri ne ho ascoltata solo una, ovvero la gallese She’s Got Spies. Esatto, come la canzone dei Super Furry Animals, e si può dire tranquillamente che, se si conosce la canzone, ci si può facilmente immaginare come sia il suono di questa ragazza, ovvero dolcemente spigoloso e con arrangiamenti solo all’apparenza spogli, ma in realtà attenti ai dettagli e alle dinamiche.
CONCLUSIONI
Photo by Padda |
Se avete avuto voglia di leggere fino a qui, intanto grazie mille, e in secondo luogo spero che abbiate capito quanto possa essere speciale un weekend di Indietracks, anche quando non tutti i concerti risultino di proprio gradimento. Ogni momento passato in quei due giorni e mezzo è sempre significativo e portatore di tanti bei ricordi. Spero, quindi, di riuscire a rinunciare al campeggio e essere comunque presente anche nella prossima edizione, perché un anno senza Indietracks è sempre più difficile da immaginare.
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