Quei dischi indie rock che oggi prendono voti tipo 7.1, oppure tre stelle, fatti apposta per dimenticare subito titolo, autore e copertina; quelle mezz'ore di vecchie chitarre sincere che dovrebbero rappresentare un po' chi sei e che invece vengono skippate via in un soffio nelle playlist; quei gruppi che arrivano dalla provincia e che una volta ti avrebbero fatto immaginare nuove scene emergenti, proprio loro, a volte, se ti fermi a regalare un po' di attenzione, possono rivelare sorprese interessanti. Per esempio, questi belgi Poppel sono giunti al secondo album mettendo assieme una dozzina di canzoni praticamente impeccabili, eppure non mi sembra che in molti si siano davvero meravigliati. Dentro Make Sense si respira questa aria molto Anni Novanta e molto operosa, per così dire, fatta di arrangiamenti senza fronzoli e pezzi che arrivano diretti al punto. Tra momenti in cui possono tornare in mente via via i Sonic Youth, i Lemonheads, i Cure o i Dinosaur Jr, ti rendi conto, però, che i Poppel riescono a lasciare fuori dalla loro scrittura la nostalgia. Il loro suono funziona senza intoppi e mostra una maturità che ti aspetti di ritrovare da altre band più celebrate. Eppure il disco dei Poppel, pubblicato dalla spagnola Meritorio Records, resta fuori dai riflettori dell'hype. Non è un problema, quando si hanno queste canzoni. In fondo, forse, il destino di questo album è nel suo titolo: "make sense", che mi piace intendere come un imperativo.
Quei dischi indie rock che oggi prendono voti tipo 7.1, oppure tre stelle, fatti apposta per dimenticare subito titolo, autore e copertina; quelle mezz'ore di vecchie chitarre sincere che dovrebbero rappresentare un po' chi sei e che invece vengono skippate via in un soffio nelle playlist; quei gruppi che arrivano dalla provincia e che una volta ti avrebbero fatto immaginare nuove scene emergenti, proprio loro, a volte, se ti fermi a regalare un po' di attenzione, possono rivelare sorprese interessanti. Per esempio, questi belgi Poppel sono giunti al secondo album mettendo assieme una dozzina di canzoni praticamente impeccabili, eppure non mi sembra che in molti si siano davvero meravigliati. Dentro Make Sense si respira questa aria molto Anni Novanta e molto operosa, per così dire, fatta di arrangiamenti senza fronzoli e pezzi che arrivano diretti al punto. Tra momenti in cui possono tornare in mente via via i Sonic Youth, i Lemonheads, i Cure o i Dinosaur Jr, ti rendi conto, però, che i Poppel riescono a lasciare fuori dalla loro scrittura la nostalgia. Il loro suono funziona senza intoppi e mostra una maturità che ti aspetti di ritrovare da altre band più celebrate. Eppure il disco dei Poppel, pubblicato dalla spagnola Meritorio Records, resta fuori dai riflettori dell'hype. Non è un problema, quando si hanno queste canzoni. In fondo, forse, il destino di questo album è nel suo titolo: "make sense", che mi piace intendere come un imperativo.
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