In questa strana primavera, la quantità di dischi che ti costringono a citare l'influenza degli Stereolab lascia abbastanza stupefatti. Sarà un segno dei tempi? Il secondo avvento di un'era in cui le lunghe permanenze domestiche e le distanze improvvisamente tornate tali ci regaleranno una nuova generazione di "record collection rockers"?
Siamo abituati e attrezzati alla ciclicità delle mode musicali, ma ritrovare quel suono sognante e kraut, sferzante e sofisticato, così vicino a band giovani e intelligenti è comunque un'emozione, e quasi temo di lasciarmi prendere troppo la mano.
Il secondo album delle Melenas, il primo a uscire anche per la label statunitense Trouble In Mind, fa propria quella lezione aggiungendo un carattere personale più ombroso, intimo, a tratti quasi scontroso. Dias Raros si stacca dall'esordio del 2017, più incline a lanciarsi verso territori garage rock e a giocare con la tag "reverbcore". L'apertura non lascia dubbi: Primer Tempo è un singolo che non fa prigionieri, incalzante e sospeso al tempo stesso. Le Melenas di oggi sanno trattare con dolcezza ipnotica i suoni più lisergici: un dream pop dai colori pastello che può rivelare anche scintille minacciose. È un equilibrio delicato di malinconia e ostinazione, e le voci lievi e alcuni innesti di synth fanno da necessario contrappunto alle melodie circolari.
Oltre a numi tutelari come gli Stereolab, e ai riferimenti che alcuni hanno trovato in nomi come Pastels, R.E.M. o anche Vivian Girls e Veronica Falls, a me sono tornate in mente più volte lungo queste undici canzoni anche le care e sottovalutate Liechtenstein, trio che in una scrittura austera e asciutta riusciva a far filtrare echi di Aislers Set, Dolly Mixture o Marine Girls. Ecco, anche la musica delle Melenas può evocare anche un tipo di poesia molto affine, e lo si comprende meglio forse nei momenti più tranquilli ed elusivi del disco, come En Madrid oppure El Tiempo Ha Pasado, dotate di una solennità e una grazia per me davvero meravigliose.
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