"Here we are, back on track / Anyone still looking?": tutto lo spaesamento e la frustrazione di chi si affaccia su una realtà sfasata e nevrotica già enunciato nei primi due versi della prima canzone dell'album. I Tough Age mettono in chiaro da subito uno dei temi portanti del loro nuovo lavoro, Which Way Am I? (titolo azzeccatissimo), il quarto album di una carriera decisamente in crescendo. Uno smarrimento che si amplifica, sia a livello personale ("Well you know my life's a joke, so I'm throwing it away"), che emotivo ("What is it worth when all you have left is an emptiness of desire?") e sociale ("Work hard and lose it all, isn't that depressing?"). Ma nelle contraddizioni di questo disagio i Tough Age mostrano di muoversi molto bene.
Queste undici nuove tracce sanno mescolare con totale disinvoltura post-punk, indie rock, momenti più jangling e un evidente debito con la Flying Nun ("I wanna get signed to Flying Nun / Consider me!", declama apertamente Penny Current Suppression Ring, un inside joke tra i componenti del trio di Toronto). Ogni movimento frenetico verso il rumore viene bilanciato da slanci quasi ipnotici ed estatici, fino a sfociare in atmosfere alla Television come in Mathers. Come hanno spiegato in una recente intervista "the album’s two sides play out as a full emotional cycle. Side A is like thrashing, when you realize you’re gonna drown, and side B is like resignation, a peaceful letting go". Non intendo certo mettere in discussione l'interpretazione degli stessi Tough Age, ma aggiungo che, per quanto mi riguarda, il circolo funziona alla perfezione, tanto che appena arrivato in fondo (magnifico il finale con il vorticoso strumentale In A Desert, degno dei R.E.M) non posso fare a meno di ricominciare dall'inizio: "which way am I", appunto?
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