Wanting to be alone

THIBAULT - Or Not Thibault

Piccoli rintocchi di voce usata come un synth, “A / A / A / A”, angelica e affusolata, unisci i puntini e otterrai la figura, la melodia sopra e sotto il quadrato del ritmo, metronomo e clavicembalo, profili che si incastrano ma dentro la vaga geometria del sogno. Se il confronto più immediato è, ovviamente, con gli Stereolab, c’è un carattere introverso che sembra trovare tregua nel meccanismo di questa musica:
"I don’t want to argue with you
I don’t want to agree with you"
Wanting To Be Alone è una canzone che racconta “the freedom not to have to confer constantly and answer to anyone”. Parlandone ora, la sua autrice Nicole Thibault sente il dovere di scusarsi: “Look, I wrote this song before all this lockdown hell broke loose and I’m hating being isolated from my friends and I don’t want to be alone, but back then it was a very attractive concept and I’m glad I didn’t follow through”.
Nicole Thibault ha fatto parte per oltre un decennio della band australiana dei Minimum Chips, e dopo una pausa altrettanto lunga è tornata in attività con un suo nuovo progetto, chiamato proprio come lei, Thibault. Ad accompagnarla c’è il suo vecchio collega Julian Patterson, oltre ad alcuni musicisti più giovani: Rebecca Liston e Stella Rennex (Parsnip), Lachlan Denton (The Ocean Party / Pop Filter) e Zak Olsen (Orb, Traffik Island), e con un “dream team” del genere già si è conquistata un posto nel mio cuore. Inoltre, l’album di debutto Or Not Thibault è stato produtto da James Cecil (già al lavoro con The Goon Sax e Architecture In Helsinki). Tiene assieme ballate twee in punta di piedi, ma anche indiepop sintetico e vintage, chitarre spigolose e severe, danze di carillon, misurati arrangiamenti di fiati, atmosfere sognanti e retro-futuristiche, e in mezzo trova posto anche per un omaggio a Morricone. La voce della Thibault a volte sembra distante, quasi indifferente, in altri momenti sa rivelare dolcezze inattese. C’è una sottile angoscia che lega varie canzoni, ma ci sono anche colori pop più lievi e sinuosi: insomma, un disco che, pur scritto prima, in qualche modo riflette tutti i nostri repentini cambi d’umore in questa strana stagione.







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