Quando uscì il primo album degli American Culture, nel 2015 (album in cui, tra l'altro, figurava anche J Mascis come ospite), il frontman e autore della band Chris Adolf venne descritto come “un po’ John Waters e un po’ Jim Carroll”. Il paragone, forse azzardato, serviva comunque a suggerire un certo carattere americano che il musicista di Denver incarna in pieno: quello di chi riesce a percorrere con assoluta naturalezza il confine sottile tra cultura pop e mondo underground; quello di chi resta perennemente tra gli outsider ma sa appropriarsi dei linguaggi più mainstream, anche se in maniera sempre personale e invariabilmente “weird”.
Il terzo album degli American Culture For My Animals, che arriva su HHBTM in questa primavera 2021, conferma e ribadisce quella prima indicazione: è una raccolta variegata e multiforme di quindici canzoni per oltre quaranta minuti che può lasciare spiazzati. Forse assomiglia più a un rumoroso mixtape che a un semplice “disco”, ma questo alla fine si rivela proprio il principale punto di forza di For My Animals.
Non si può dire che ci sia uno stile uniforme e riconoscibile che percorre il disco: la scaletta si apre con Silence (un Bob Dylan alle prese con la new wave di New York nel 1977), ma si prosegue subito con la title track in puro garage rock a bassissima fedeltà. C'è il folk psichedelico di No Peace, c’è l’indie rock classico di Pedals (che potrebbe arrivare dai Guided By Voices), c’è un clamoroso inno degno dei Violent Femmes come Losing My Mind e ci sono addirittura influenze dub, come nella dilatata I Like American Music o in Dub For Eagles.
L'unico elemento costante, all'interno di For My Animals, sembra essere la grana di questo suono fragoroso, punk senza essere strettamente punk, un suono che potrebbe uscire da un mangianastri in ebollizione, sopra un furgone lanciato lungo qualche interminabile freeway nel cuore degli States. Un suono che ha fatto propria la lezione rumorosa e frugale della K Records (non a caso, torna in mente anche un certo eclettismo del primo Beck), l'energia delle raccolte Nuggets degli Anni Sessanta, l'essenza più ruvida degli Swell Maps e le invenzioni delle frange più devianti della Flying Nun. Insomma, qui si respira parecchio entusiasmo, magari a volte scomposto, ma sempre coinvolgente.
Se quello di cui avete bisogno è un disco danneggiato e martellante, un disco poco garbato ma che sa essere al tempo stesso piuttosto colto, For My Animals è il piccolo capolavoro sottovalutato e trascurato che fa per voi.
Il terzo album degli American Culture For My Animals, che arriva su HHBTM in questa primavera 2021, conferma e ribadisce quella prima indicazione: è una raccolta variegata e multiforme di quindici canzoni per oltre quaranta minuti che può lasciare spiazzati. Forse assomiglia più a un rumoroso mixtape che a un semplice “disco”, ma questo alla fine si rivela proprio il principale punto di forza di For My Animals.
Non si può dire che ci sia uno stile uniforme e riconoscibile che percorre il disco: la scaletta si apre con Silence (un Bob Dylan alle prese con la new wave di New York nel 1977), ma si prosegue subito con la title track in puro garage rock a bassissima fedeltà. C'è il folk psichedelico di No Peace, c’è l’indie rock classico di Pedals (che potrebbe arrivare dai Guided By Voices), c’è un clamoroso inno degno dei Violent Femmes come Losing My Mind e ci sono addirittura influenze dub, come nella dilatata I Like American Music o in Dub For Eagles.
L'unico elemento costante, all'interno di For My Animals, sembra essere la grana di questo suono fragoroso, punk senza essere strettamente punk, un suono che potrebbe uscire da un mangianastri in ebollizione, sopra un furgone lanciato lungo qualche interminabile freeway nel cuore degli States. Un suono che ha fatto propria la lezione rumorosa e frugale della K Records (non a caso, torna in mente anche un certo eclettismo del primo Beck), l'energia delle raccolte Nuggets degli Anni Sessanta, l'essenza più ruvida degli Swell Maps e le invenzioni delle frange più devianti della Flying Nun. Insomma, qui si respira parecchio entusiasmo, magari a volte scomposto, ma sempre coinvolgente.
Se quello di cui avete bisogno è un disco danneggiato e martellante, un disco poco garbato ma che sa essere al tempo stesso piuttosto colto, For My Animals è il piccolo capolavoro sottovalutato e trascurato che fa per voi.
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