The days go by, November's getting near
Everything is different from last year
Stay 'til the sun goes down
And enjoy what we have found
Stay 'til the sun goes down
And enjoy what we have found
Mi sento solo, succede anche a te? Possiamo tenerci stretti? Una notte passa in fretta, la stessa fretta che poi ci prende e ci porta via. È soltanto tempo che passa, che male potrà fare? Non voglio sapere nulla. Non ti sento da un po’, anzi, ora che ci penso, anche solo sentire il tuo nome mi fa male. “So I guess this is goodbye”.
Fino a questo punto sembrerebbe una storia del tutto ordinaria: il cuore spezzato e il penoso tormentarsi ancora intorno a quei “Have you moved on?”. Ma l’aggraziata perfidia dei The Umbrellas lascia che nel ritornello sia l’angelica voce di Morgan Stanley a fare da eco a quella più irrequieta di Matt Ferrara: “And all the things you said, are they still true? / I can't get you out my head / I'm crazy for you”. E in questo scontro a distanza, in questo rispondersi senza riuscire ad ascoltarsi, in questo ping-pong emotivo nessuno sembra uscire vincitore. La canzone, non a caso, si intitola Lonely, ed è quella che apre e detta la linea all’album di debutto della band di San Francisco.
Se questo atteggiamento vi sembra troppo malinconico e autunnale, occorre notare che anche nella languida Summer si rincorrono le due voci e non sembrano incontrarsi mai: “I can feel you everywherе / I think of how things used to be / And I wish I'd treatеd / You more fair”.
Un po’ come succedeva in certe vecchie strofe dei Lucksmiths, le stagioni fuori dalla finestra riflettono un calendario sentimentale che può lasciarci confusi: “Fall breaks and it's back to winter / The seasons change and so do I / So why am I not happy?” (Happy).
Nelle storie di queste dodici canzoni ci sono semplici cose di tutti i giorni, i giorni più scintillanti e quelli decisamente da dimenticare, gli entusiasmi e i rimpianti (“Sometimes I feel so small / My problems don't mean a thing at all” – A.M.), ma a ogni momento viene dedicato comunque uno sguardo di innocente meraviglia.
Gli Umbrellas vogliono raccontare il loro piccolo mondo indiepop come se anche noi lo vedessimo per la prima volta, e la cosa incredibile è che – pur con queste chitarre che conosciamo bene: arrivano dai Byrds, passano per i Pastels e la Sarah Records e le ritroviamo nella Bay Area dei nostri anni – ci riescono davvero! Possiamo citare i Velvet Underground o i Belle And Sebastian, ma quello che stiamo cercando di afferrare, parlando di questo disco, è solo la sua incantevole naturalezza, la maniera disinvolta e del tutto spontanea con cui schiude il proprio suono davanti a noi.
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