La parte semplice è spiegare chi sono i Tampopo: un gruppo twee pop di Copenhagen, Danimarca. Sono nati nel 2017 come progetto solista dell'illustratore Kasper Clemmensen, che faceva già parte dei The Glow Cats e degli Ampel. Poi i Tampopo si sono allargati a trio con l'ingresso di Ditte Duus, alla batteria e voce, e Morten Hougaard al basso. A prima vista, il suono delle precedenti band di Clemmensen non è così differente da quello dei Tampopo, e questo perché il musicista danese sembra possedere l'invidiabile superpotere di trasformare ogni canzone che compone in una specie di inedito dei Pastels, o se preferite dei Cannanes, o magari dei Nixon. Sarà per quella sua voce, profonda e delicata al tempo stesso; sarà per quelle chitarre cristalline o quelle melodie inestricabili a cui non riesco a sfuggire; sarà per quell'atteggiamento un po' sornione e un po' ironico che sembra pervadere tutta la sua musica.
La parte meno semplice è capire come mai non riesco a smettere ad ascoltare Magic Noodles, album che riunisce una decina di vecchie canzoni dei Tampopo rieditate e registrate con la nuova formazione al completo. Suono schietto e testi giocosi, spesso ispirati a cibi vari (vedi lo stesso titolo della raccolta, e poi Fruit Flies Like A Banana, Ketchup, TV Food...), mentre i cori tra la Duus e Clemmensen rendono queste canzoni ancora più deliziose. Una formula che non potrebbe essere più semplice ed essenziale di così, obietterà di sicuro qualche dotto benpensante: per me invece i Tampopo riescono ad afferrare l'essenza dell'indiepop senza renderla banale o stucchevole, consegnandoci un disco che vola leggero e gustoso dalla prima all'ultima portata.
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