Non posso dire di conoscere a fondo la storia della Siesta Records, ma conosco la sua fama, il rispetto e il fedele seguito che si era conquistata tra gli Anni Novanta e i primi Duemila. Soprattutto, conosco l'aura che emanavano i suoi dischi dalle copertine curatissime e dai suoni sempre eleganti, spesso con la propensione per un delizioso gusto retrò.
Uno dei suoi fondatori, Mateo Guiscafre, in questa bella intervista su Chickfactor nel 1999 descriveva la Siesta come una "label devoted exclusively to music for children or for adults who retain a playful sensibility". Ma questa battuta non deve trarre in inganno: band come Free Design, The Legendary Jim Ruiz Group, Girlfrendo, La Buena Vida, Holiday non avevano nulla di infantile o amatoriale, e soprattutto non avevano niente a che vedere con quella fazione dell'indiepop che si diverte di più a giocare con un approccio lo-fi. Per approfondire il tema, qualche anno fa il glorioso Indiepop.it pubblicò questo profilo, che può funzionare ancora oggi come utile e pratica introduzione.
Per venire ai giorni nostri, la sempre infaticabile Fadeawayradiate Records, etichetta di Amsterdam emanazione dell'omonimo blog curato da Estella Rosa, già voce del duo twee NAH!, ha da poco pubblicato una compilation dal titolo Soleado: a tribute to Siesta Records. Dentro trovate dodici tra le migliori band della scena indiepop contemporanea, dai The Catherines ai The Very Most, da The Hepburns a Even As We Speak, passando per Love, Burns e ovviamente gli stessi NAH! che rileggono altrettante canzoni di band storiche del catalogo Siesta.
Non mi metterò a scegliere una o l'altra di queste versioni, perché tutte le canzoni, grazie anche al sopraffino materiale di partenza, sono davvero piacevoli e interessanti, e rendono Soleado un nastrone coerente e perfetto. Tutte le canzoni, inoltre, funzionano come "segnalibri", promemoria per ricordarci di andare a rinfrescarci la memoria su una stagione musicale quanto mai proficua e interessante, per quanto lontana da certi riflettori. Segnalo almeno che la scaletta si apre e si chiude con due cover di Margo Guryan, scomparsa proprio pochi mesi fa e a cui questa raccolta è dedicata.
In fondo, è proprio questo che si chiede a questo genere di operazioni: ogni tributo e ogni omaggio sono completi e raggiungono il proprio scopo se (ri)accendono la nostra curiosità e ci fanno tornare la voglia di scoprire suoni, racconti, intere estetiche, al di là delle weekly playlist e delle breaking news.
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