Indiepop Jukebox (giugno 2022)

HAUSE PLANTS
Gli Hause Plants sono un quartetto portoghese che, a quanto pare, al momento vive a Brooklyn. La decisione di trasferirsi mi sembra molto appropriata, dato che i principali riferimenti della loro musica si possono ricondurre a band come Beach Fossils e DIIV. Devo anche aggiungere che questa "reverb band from Lisbon" guidata da Guilherme Machado Correia, forse per la piega più malinconica che riesce a dare a questo tipo di scrittura, è la cosa più vicina ai nostri amati Brothers In Law che mi sia capitato di sentire da un pezzo, e non senza un certo contraccolpo sentimentale. Ora è uscito Sleeping With Weird People, nuovo EP per la Spirit Goth Records, label che su queste chitarre sognanti e su questa estetica lavora davvero bene ormai da molto tempo. Mi piace molto l'innesto di un semplice synth nel contagioso singolo Fake Friends, ma è nelle canzoni più "robuste" e quadrate come Wherever You Are oppure Fun At Random Places che gli Hause Plants per me si esprimono al meglio.



MILANOSPORT
Da Lisbona ci spostiamo a Milano, ma in qualche modo restiamo sempre nell'orbita di Brooklyn e di quel "Captured Tracks sound" ormai classico: i Milanosport sono un nuovo quintetto che ha all'attivo appena tre singoli, uno meglio dell'altro, ma mi hanno già conquistato. Si sono formati nel 2019 e raccontano di avere alle spalle passati musicali completamente differenti, dal synth-pop allo shoegaze all'elettronica, ma la definizione che leggo sul loro Bandcamp mi pare riassuma bene il loro approccio: "romantic post-punk to surf on". La pandemia aveva mandato all'aria un po' tutti i programmi, ma ora la band è tornata più agguerrita che mai ("alla data zero c'erano 500 persone e i fuochi d'artificio") e vedo che stanno anche cominciando a suonare anche fuori Milano. A volte sentono un po' di rabbiosa cupezza Joy Division (Like The Races), a volte sono più aggressivi e hanno voglia di spaccare tutto (Molotov), a volte cercano l'equilibrio e il risultato sembra superiore alla somma delle parti, come nella nuova All The Same.



THE UMBRELLAS
The Umbrellas rappresentano ormai un punto fermo delle playlist di polaroid, e non so cosa altro potrei aggiungere per raccontare quanto amo il loro sound e il loro stile. Il quartetto di San Francisco è tornato con un nuovo sette pollici pubblicato in transatlantica collaborazione tra la Slumberland e la Meritorio Records. Il lato A Write It In The Sky è una travolgente canzone che tiene assieme Pastels e Pains Of Being Pure At Heart, resa ancora più adorabile dal contrappunto tra la voce di Matt Ferrara e i cori Morgan Stanley. La B side I'll Never Understand invece si muove più su territori The Jesus & Mary Chain, distesa e fragorosa. Una doppietta implacabile.



Non bastassero già tutti i gruppi a cui hanno dato vita negli ultimi anni, Jørn Åleskjær (The Loch Ness Mouse, Svart Fredag, Monobird, Sapphire & Steel...) da Askin, Norvegia e Sebastian Voss (The Fisherman and his Soul, NAH, Cinema Engines) da Münster, Germania, hanno deciso di lavorare insieme su un nuovo progetto chiamato Herr Wade. Non è dato di sapere chi sia questa "Signora Wade" che li ha ispirati, ma nel frattempo ci hanno già regalato un primo EP omonimo, ovviamente super jangling e super primaverile, tutto cantato in tedesco. CD in edizione limitata in arrivo per la label indonesiana Shiny Happy Records.



Vulva De Leyva
Seguo sempre con molta curiosità le vicende del progetto che fu Lennard Rubra e che ora si è trasformato in Vulva De Leyva. A Leonardo Rossi si sono aggiunti in pianta stabile Filippo Righetti alla batteria (Silki) e Vittorio Batarra (Tristram, Sonic 3, Freedom Club) alla chitarra, e ora esce questo secondo EP intitolato Semel in hebdomada, "un disco no-pop". Un'opera più "scontrosa" del precedente Prom ma sempre irrequieta e sfavillante, percorsa da un'elettricità indomabile, tra ritmi ridotti a pure schegge e rasoiate di melodie (Lascia che ti mandi a fanculo oppure Se rimani). Sembra che stavolta Lennard non insegua più certi fantasmi cantautorali Sessanta ma preferisca rileggere il suo presente acido, come nella beffarda Viale Ceccarini: "Dai fatti un tuffo nel mare / Se poi ti va puoi ballare / Non c'è nient'altro da fare perché / Sei a Riccione".



"Incomprehensible lover, incomprehensible world": non c'è scampo per i Laundromat Chicks, e il tedio che raccontano spesso nelle loro canzoni (e che passa anche dal tono di voce di Tobias Hammermüller) fa inceppare il meccanismo del loro scarno indiepop suonato a rotta di collo. Anche nei momenti in cui sembrano più scanzonati e leggeri, c'è sempre qualcosa che sta per saltare, come una chitarra che impercettibilmente va fuori tono e trasforma allegre melodie in istantanee un po' sinistre, o a volte semplicemente e quotidianamente tristi. Questo gioco di contrasti rende Trouble, l'album di debutto della band di Vienna, per me davvero irresistibile.


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