"Camminerai per sempre da solo", cantano a un certo punto i Crocodiles nel loro nuovo album, e non saprei dire se stanno parlando della condizione umana, del destino della loro band o magari del caro vecchio Rock'n'Roll, sempre più trascurato e marginale, eppure in qualche modo ancora vivo, ostinato e agguerrito, come dimostrano le nuove dieci canzoni della band di San Diego.
Non mi sembra che in giro abbia suscitato molte attenzioni Upside Down In Heaven, il nuovo album del duo composto da Brandon Welchez e Charles Rowell, e un po' mi dispiace, perché è un disco diretto e divertente, nonostante titoli come Love Beyond the Grave, I've Become What I Fear Most o Surfing With Death possano far pensare ad atmosfere lugubri e deprimenti.
Lasciate alle spalle certe scritture più magniloquenti del passato, spogliata delle influenze shoegaze tanto quanto dei colori più psichedelici, la musica dei Crocodiles arriva dritta al punto, asciutta e decisa, con chitarre che prendono il meglio dei Settanta e degli Ottanta: "maybe I was chasing that elusive Stiff records sound or simply trying something that would make Westerberg smile", ammette candidamente Rowell. Un po' Buzzcocks e un po' Jesus and Mary Chain, un cenno d'intesa con gli Who ("Talking about my degeneration"...), qualche coro New York Dolls, e poi tanto garage rock carico di eterne sfrontatezze adolescenziali: non si può chiedere di più ai Crocodiles e i Crocodiles sanno come si fa, aggiungendo parecchia voglia di divertirsi alzando il volume. Non era questo il Rock'n'Roll?
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