Vorrei che il marketing del dream pop fosse capace di andare fino in fondo e riuscisse a vendermi il sogno, o ancora meglio, The Dream, ben al di sopra delle proprie possibilità. Mi piacerebbe che il dream pop tenesse fede al proprio nome e mi scaraventasse verso incommensurabili altezze oniriche al primo giro di accordi. Sarebbe giusto che un genere musicale che pretende di portare questo nome sapesse proiettarti verso un limbo slegato da ogni cosa e che lascia una sola certezza, quella – appunto – che ogni cosa è soltanto sogno e che quel suono è l’unica cosa reale.
Altrimenti, possiamo davvero considerarlo dream pop?
Dare me to say
Something stupid
I think I need more than this
Altrimenti, possiamo davvero considerarlo dream pop?
Dare me to say
Something stupid
I think I need more than this
Può darsi che i Beach Fossils, dietro la brillante copertura un po’ stereotipata della indie band newyorkese di discreto successo, stiano in realtà portando avanti un esperimento scientifico che dura ormai da quasi quindici anni: scoprire fino a che punto il genere dream pop può condensare la sostanza del sogno in forma di canzoni. O forse, al contrario, attraverso la musica, misurare fino a quanto è possibile rendere la superficie della vita così sottile e impalpabile da convincersi di averla soltanto sognata.
Why don’t you come and meet me outside?
I just want you to know that I tried
And I've begun
Why don’t you come and meet me outside?
I just want you to know that I tried
And I've begun
Bunny è il primo album della band di Brooklyn dai tempi di Somersault del 2017. In apparenza, queste undici canzoni non fanno altro che perfezionare una formula che conosciamo da anni, un bedroom pop che, mettendo da parte arrangiamenti ambiziosi di archi, pianoforti e fiati, si condensa nella sua sostanza più pura: jangling guitars, scintillanti e tintinnanti, ora più nitide (Tough Love, Sleeping On My Own), ora più diafane ed evanescenti (Anything Is Anything, Feel So High), ma sempre capaci di trasmettere una serenità fuori dal tempo, una serenità di sogno.
La voce di Dustin Payseur, così indifferente e carezzevole al tempo stesso, sembra provenire da un’altra dimensione, da un'altra dimensione psichica. Eppure, parla di qualcosa di molto concreto e attuale (fin troppo prevedibile e noioso, potrebbe commentare qualcuno): quel punto in cui l’età adulta è ormai di fronte a noi ("Living in New York / It can grind you down") e noi non capiamo bene come lasciarci alle spalle le consuetudini della giovinezza. “Staying out all night / We're all taking drugs / Acting stupid, having fun / Till the sun is coming up”: potrebbe essere una strofa quasi didascalica, o ancora peggio, scadere in una banale malinconia, ma nelle mani dei Beach Fossils mantiene una leggerezza sgargiante. È un ricordo che vola via nella brezza e ci lascia un sorriso per quello che ci aspetta.
Don't look back
Just put it all behind
And you could be happy
canta così l’ultimo ritornello con cui si chiude il disco, e a quel punto tutto si è già trasformato. Se sia un sogno o se siamo soltanto rapiti dalla luce di questo album non saprei più dirtelo. Bunny potrebbe essere il mio disco dell’estate, perché un’estate dream pop mi piace, e mi piace quando la vita suona come un sogno.
La voce di Dustin Payseur, così indifferente e carezzevole al tempo stesso, sembra provenire da un’altra dimensione, da un'altra dimensione psichica. Eppure, parla di qualcosa di molto concreto e attuale (fin troppo prevedibile e noioso, potrebbe commentare qualcuno): quel punto in cui l’età adulta è ormai di fronte a noi ("Living in New York / It can grind you down") e noi non capiamo bene come lasciarci alle spalle le consuetudini della giovinezza. “Staying out all night / We're all taking drugs / Acting stupid, having fun / Till the sun is coming up”: potrebbe essere una strofa quasi didascalica, o ancora peggio, scadere in una banale malinconia, ma nelle mani dei Beach Fossils mantiene una leggerezza sgargiante. È un ricordo che vola via nella brezza e ci lascia un sorriso per quello che ci aspetta.
Don't look back
Just put it all behind
And you could be happy
canta così l’ultimo ritornello con cui si chiude il disco, e a quel punto tutto si è già trasformato. Se sia un sogno o se siamo soltanto rapiti dalla luce di questo album non saprei più dirtelo. Bunny potrebbe essere il mio disco dell’estate, perché un’estate dream pop mi piace, e mi piace quando la vita suona come un sogno.
(Just like the) Setting Sun è già la mia canzone del cuore dell'anno
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