Qualche tempo fa, sulla pagina della Barberia Records, è comparso l'annuncio di un concerto allo storico Juta Cafè di Modena. Non mi sembrava di conoscere il nome degli Easy Heart, ma fidandomi del gusto di Giovanni Papalato e Luca Mazzieri sono andato a cercare chi fossero, restando piuttosto sorpreso: c'era ancora qualcuno innamorato di questi suoni brit e shoegaze dalle nostre parti! E stavano anche per pubblicare Coi Lego, un nuovo 45 giri! Bisognava sapere qualcosa di più, e così ho pensato di organizzare un'intervista.
La prima domanda è un po' prevedibile ma quasi necessaria per un progetto che sta muovendo i primi passi: come vi siete conosciuti e come avete deciso di fondare gli Easy Heart? Suonavate in altre band oppure è la vostra prima esperienza come gruppo?
Marcello: io e Alberto ci siamo conosciuti durante una serata organizzata da una radio locale e per i primi due anni ci incontravamo principalmente in occasione di concerti o eventi organizzati nella nostra provincia o nei locali di riferimento di Modena, la nostra città. A una di queste serate, dopo un live dei Death in Vegas, ho chiesto ad Alberto cosa facesse durante il weekend, la risposta fu non ho nulla da fare. Sapevo che a casa aveva un basso ed aveva iniziato a suonarlo gli dissi di passare a casa mia la domenica pomeriggio e di portarselo dietro. Da quel pomeriggio è iniziato quasi per scherzo il nostro percorso.
Alberto ha avuto un’esperienza con una band locale come batterista, ispirati dai suoni inglesi dei primi 2000.
Nella metà degli anni 90 io invece ho iniziato a suonare la chitarra in una band con alcuni amici, facevamo pezzi del periodo brit-pop e con loro ho iniziato a scrivere un paio di canzoni. Fu un periodo bello ma breve. Per 15 anni non ho più preso in mano uno strumento, poi nel 2010 ho creato un progetto synth - duo con mio cugino chiamato @home, terminato nel 2015.
A dicembre 2017 nasce invece il progetto Easy Heart.
Nella metà degli anni 90 io invece ho iniziato a suonare la chitarra in una band con alcuni amici, facevamo pezzi del periodo brit-pop e con loro ho iniziato a scrivere un paio di canzoni. Fu un periodo bello ma breve. Per 15 anni non ho più preso in mano uno strumento, poi nel 2010 ho creato un progetto synth - duo con mio cugino chiamato @home, terminato nel 2015.
A dicembre 2017 nasce invece il progetto Easy Heart.
Ovviamente sono anche curioso di sapere se c'è una storia o qualche immagine particolare dietro il nome della band...
Marcello: l’ho proposto io. Ho sempre avuto un debole per il nome originario dei Cure, Easy Cure, mia band del cuore. Ne è uscita questa associazione di parole, tutto qua. Ho pensato che Easy Heart potesse suonare bene.
Infatti i suoni del singolo "Coi Lego" rimandano ad atmosfere piuttosto dark e shoegaze, ma con sfumature più crepuscolari ed eteree: quali sono i vostri riferimenti e influenze musicali?
Marcello: Da parte mia la parte un po’ più oscura tra Cure, Cocteau Twins, Smiths e se vogliamo avvicinarci un po’ di più ai giorni nostri il synth-pop dei LFY.In generale però è tutta la scena shoegaze dei ’90 da Ride a Slowdive, quella della Sarah Records e del brit-pop che ci mette d’accordo. Alberto sicuramente ha negli Stone Roses e in generale tutta la scena Madchester i suoi riferimenti principali.
A me poi personalmente poi piace tanto la musica italiana, da Patty Pravo a Federico Fiumani, alla scrittura di Luca Urbani.
Se nel singolo “Coi Lego” si colgono quelle atmosfere che hai citato è dato principalmente dal fatto che musica, ritmiche (drum machine) e testi sono scritte da me, credo sia per questo che le mie influenze nel brano siano predominanti. Poi Alberto è molto abile ad armonizzare quello che è il suo personale stile all’ interno delle linee.
Anche se la vostra musica affonda quindi le radici in una certa epoca della storia d'oltremanica, avete scelto di cantare in italiano: è una decisione che avete preso sin da subito? Quali storie raccontano le vostre canzoni?
Marcello: la lingua italiana per me è meravigliosa, non utilizzarla musicalmente sarebbe uno spreco. In più è molto più semplice e naturale raccontare immagini, sensazioni e stati d’animo attraverso la nostra lingua. Inizialmente poteva sembrare un po’ strano pensare di associare certe sonorità alla lingua italiana, ma poi ci siamo sentiti a nostro agio così. Crediamo possa diventare un valore aggiunto. Non siamo partiti cercando di voler replicare un “genere”, avevamo soltanto voglia di esprimere qualcosa che non sapevamo in cosa potesse evolversi. Poi è normale che le influenze da qualche parte ti indirizzano.
I testi parlano principalmente di stati d’animo, relazioni tormentate, aspetti interiori che intrecciano storie e immagini raccolte dal quotidiano. Di come affrontarli o cercare di provarli ad affrontare, con uno spiraglio di luce sempre sullo sfondo.
“Coi Lego” è mancanza, l’incubo di sentirsi alle prese col proprio cuore, infranto. Affrontare questo aspetto interiore attraverso buoni propositi e le azioni quotidiane, spesso non basta e può trasformarsi in una fuga. Scappare significa essere consapevoli e disposti a consegnarsi all’idea di esser inseguito dal proprio stesso incubo, dal proprio cuore.
Uscite per La Barberia Records, che in questi anni ha promosso in molti modi la scena locale con dischi, festival e concerti: come vi siete conosciuti e qual è il vostro punto di vista sulla scena indipendente oggi a Modena? Ci sono altre band che sentite vicine a quello che fate?
Alberto: La Barberia Records è diventata ormai sempre più il riferimento per la nostra provincia. Ciò che stanno portando avanti è davvero non banale per la scena indipendente della nostra città. Gusto, attitudine e attenzione per tutto quello che propongono e organizzano è sotto gli occhi di tutti, sono mossi da una passione incredibile. Per noi è davvero un piacere essere entrati a far parte della loro famiglia. Ci siamo conosciuti per interessi e luoghi di frequentazione comuni a Modena, poi visto che come Easy Heart abbiamo una pagina FB dove ogni tanto postiamo alcuni video delle nostre session “casalinghe”, Giovanni e Luca della Barberia si sono interessati, è capitata l’occasione credo nel momento giusto.
Sulla scena indipendente locale, sicuramente la nostra provincia si conferma un bacino numeroso per band attive, giovani e meno, sia Barberia che non. La scena è varia ed eterogenea ed è bello così.
Delle band locali che conosciamo sinceramente non credo siamo associabili o vicini come sonorità a qualcuno di loro. I Rev Rev Rev hanno un’anima shoegaze ma molto molto più marcata e definita rispetto alla nostra, che forse è contaminata da riferimenti anche diversi rispetto ai loro.
Esprimere la propria musica attraverso le influenze credo che sia naturale per qualsiasi band, ma senza dover per forza rincorrerle. Che il percorso sia il più naturale e libero possibile, ne escono le cose migliori. Seguire la propria strada.
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