Persistent resistance

Wireheads - Potentially Venus

In certi giorni di scazzo hai bisogno soltanto di sporche chitarre australiane e una voce un po’ beffarda che ti canta di “aeroplani che cadono dal cielo, dinosauri, caffè, vino e sigarette, le speranze e i sogni della vita e le cose strane e assurde che accadono in questo mondo e in altri”. Aggiungiamo qualcosa sugli alieni, la noia dei pomeriggi d’estate, qualche commento sprezzante sulla sorte avversa e abbiamo una nuova raccolta di canzoni perfetta per questa mia stagione. Dom Trimboli sa il fatto suo e da come tiene assieme la sua idea di musica (energica e schiva, dissestata e divertente) mi sembra un tipo di cui fidarsi. 
Da quando si sono formati ad Adelaide nel 2013, i Wireheads hanno prodotto quattro album e un EP, lavorando un paio di volte anche con Calvin Johnson e Phil Elverum, e hanno potuto contare su una quantità di musicistci appartenenti a band come Fair Maiden, Bitch Prefect, Old Mate, Day Ravies Nylex, Introduction, Zipper e Workhorse. Insomma, il meglio dell’underground down under (concetto tanto indeterminato e infferrabile quanto affascinante, almeno per come lo vedo io).
Il quinto album dei Wireheads si intitola Potentially Venus, esce per Tenth Courth, una garanzia, e si muove tra indie rock sgangherato, rumoroso garage, momenti di jangling guitars quasi psichedeliche e post-punk indolente. A volte sembra di intravedere qualche sfumatura di certi Parquet Courts (in fondo, la definizione di “americana punk” della band di Brooklyn qui potrebbe trovare più di qualche affinità), oppure – per restare dalle parti dell’Australia – altri nomi come Rolling Blackouts Coastal Fever e Chook Race. Ma i Wireheads non ripetono lo stesso trucco due volte di fila e Potentially Venus scappa via veloce e multiforme, undici canzoni che sembrano una compilation, melodie perfette (o perfettamente sfasciate) e suoni che ti prendono a schiaffi.


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