Questo post non è per tutti: è riservato ai lettori che si chiamano Daniela, Daniele, Daniel, Dan e così via.
Ok, non è vero, ma è un po’ quello che, a un certo punto, sembrava stessero dicendo i Real Estate a proposito del loro nuovo album: tutto ruotava intorno al nome Daniel da cui – senza motivo apparente o per troppi motivi un po' futili – il lavoro prende il titolo. Messa da parte l’impressione che ci fosse dietro qualche inside joke tirato un po’ troppo per le lunghe, il sesto album della band del New Jersey si rivela una deliziosa combinazione di nostalgia, racconto introspettivo e un tocco di crisi di mezza età in cui anche i drammi sono ovattati, quasi per non disturbare troppo.
In queste undici canzoni si ritrova, al tempo stesso, la tipica disinvoltura di una band che ha oramai raggiunto la maturità, e dalla formula immediatamente riconoscibile, ma anche la voglia di imprimere nuova freschezza al proprio suono agrodolce. Ed ecco quindi strati di synth dal sapore vintage che si aggiungono alle classiche jangling guitars; ecco canzoni che si stendono verso un crepuscolo country; ecco un romantico calore che avvolge alcune delle tracce più belle, come Victoria o la ballata Interior.
I temi dell'album, racconta il cantante Martin Courtney, ruotano attorno al diventare adulti, al ritrovarsi a essere persone diverse in cui non è sempre facile riconoscersi, al disagio esistenziale che galleggia sempre sotto la superficie della quotidianità, e alla ricerca di qualcosa che riesca a non farci perdere dentro questo mondo sempre più a pezzi. Insomma, un po’ le stesse cose che deve affrontare anche una band che abbia superato i 15 anni di carriera come i Real Estate.
Non a caso, le melodie solari e i ritmi languidi da pomeriggio estivo suburbano, che da sempre contraddistinguono la musica dei Real Estate, vengono ogni tanto attraversate da brividi psichedelici e dubbi sul futuro. Un po’ come se la band avesse riconfigurato il proprio DNA, passando da una genealogia Byrds-REM a una più imparentata con Neil Young e i Grateful Dead. Vedi quali lunghi giri imprevedibili tocca fare per continuare a sentirsi giovani, o almeno non così vecchi, per aggiungere quel tocco di nevrosi e paranoia che renda la vita di tutti i giorni un po' più interessante.
I temi dell'album, racconta il cantante Martin Courtney, ruotano attorno al diventare adulti, al ritrovarsi a essere persone diverse in cui non è sempre facile riconoscersi, al disagio esistenziale che galleggia sempre sotto la superficie della quotidianità, e alla ricerca di qualcosa che riesca a non farci perdere dentro questo mondo sempre più a pezzi. Insomma, un po’ le stesse cose che deve affrontare anche una band che abbia superato i 15 anni di carriera come i Real Estate.
Non a caso, le melodie solari e i ritmi languidi da pomeriggio estivo suburbano, che da sempre contraddistinguono la musica dei Real Estate, vengono ogni tanto attraversate da brividi psichedelici e dubbi sul futuro. Un po’ come se la band avesse riconfigurato il proprio DNA, passando da una genealogia Byrds-REM a una più imparentata con Neil Young e i Grateful Dead. Vedi quali lunghi giri imprevedibili tocca fare per continuare a sentirsi giovani, o almeno non così vecchi, per aggiungere quel tocco di nevrosi e paranoia che renda la vita di tutti i giorni un po' più interessante.
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