A un certo punto, nel comunicato stampa che presenta il quarto album dei Black Tail trovo questa domanda: “Come decidi di scrivere un disco indie rock, nel frastuono di mondi che tramontano?”. Credo sia un interrogativo condivisibile e che coinvolge anche chi si trova dall’altra parte: come continui a parlare di musica, della tua piccola e confortevole nicchia, mentre ogni giorno là fuori accade qualcosa che ti fa crollare dentro un po’ di più. Che senso ha curarsi di raccontare ancora "le persone, i sentimenti, la confusione", mentre tutto intorno brucia? Il comunicato stampa non suggerisce chiaramente quale sia la risposta, e non penso abbia nemmeno questa sproporzionata pretesa. Anche io ho idee parecchio confuse sulla questione: posso solo sforzarmi di sperare che tutto questo nostro presuntuoso inseguire bellezza, ancora, dopo tutti questi anni, riuscirà alla fine a lasciare il mondo un po’ migliore di come l’abbiamo trovato. Non ne sono sicuro, anzi, ho sempre più dubbi, ma intanto non sprechiamo ogni più piccola fortuna e facciamo in modo che nel mondo trovino spazio la musica e l’attitudine dei Black Tail: come canta la seconda traccia di questo disco, “we’re a whole train-wreck of happenstance that’s allowed to be”. Almeno approfittiamone.
Le influenze dichiarate della band di Latina vanno dagli Wilco agli Sparklehorse a, ovviamente, Elliott Smith, che in qualche modo fu la scintilla da cui nacque tutto il progetto. In generale, i Black Tail si inseriscono in quella genealogia indie rock che assorbe più evidenti suggestioni folk e americana. L’ultimo lavoro dei Black Tail si intitola Wide Awake on Beds of Golden Dreams, è il loro quarto, e dentro il respiro della loro scrittura si fa ampio e luminoso come non mai. Non è difficile immaginare Haze oppure Candle uscire dalla discografia di nomi come Band Of Horses oppure My Morning Jacket. Non mancano poi momenti più pop e jangling, come la travolgente Josephine, quasi dylaniana quando ingrana il ritornello, o la spedita Silver Feathers, con un crescendo tutto Okkervil River.
Ed è proprio in una strofa di quest’ultima canzone che leggo un’altra risposta alla domanda iniziale: “I’m wasting all my mind / Because I drift between two dreams / And I’m never really sure of what to lose”. Sembra che ci sia sempre qualcosa da perdere, sembra che questo mondo non voglia lasciarci più nessun sogno, ed è tutto un grande spreco. Teniamoci almeno stretta questa musica, teniamoci strette band come i Black Tail.
Le influenze dichiarate della band di Latina vanno dagli Wilco agli Sparklehorse a, ovviamente, Elliott Smith, che in qualche modo fu la scintilla da cui nacque tutto il progetto. In generale, i Black Tail si inseriscono in quella genealogia indie rock che assorbe più evidenti suggestioni folk e americana. L’ultimo lavoro dei Black Tail si intitola Wide Awake on Beds of Golden Dreams, è il loro quarto, e dentro il respiro della loro scrittura si fa ampio e luminoso come non mai. Non è difficile immaginare Haze oppure Candle uscire dalla discografia di nomi come Band Of Horses oppure My Morning Jacket. Non mancano poi momenti più pop e jangling, come la travolgente Josephine, quasi dylaniana quando ingrana il ritornello, o la spedita Silver Feathers, con un crescendo tutto Okkervil River.
Ed è proprio in una strofa di quest’ultima canzone che leggo un’altra risposta alla domanda iniziale: “I’m wasting all my mind / Because I drift between two dreams / And I’m never really sure of what to lose”. Sembra che ci sia sempre qualcosa da perdere, sembra che questo mondo non voglia lasciarci più nessun sogno, ed è tutto un grande spreco. Teniamoci almeno stretta questa musica, teniamoci strette band come i Black Tail.
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