Fuori di qui è tutto nebbia. Questo giorno comincia ma la luce resta incerta, la nebbia rallenta il tempo. Anche tra i palazzi e le strade del centro, dove la nebbia non avanza mai, è calato un velo immobile. Più avanti, dove dovrebbe esserci una periferia, l’orizzonte non c’è, le strade e i campi svaniscono, i contorni si dissolvono nel grigio. La prospettiva si prolunga nel nulla e immagino che potrei varcare un orlo, sfumare anche io, senza più tatto sulla realtà. Forse è davvero possibile addentrarsi nella nebbia e ritrovarsi altrove. Forse questa amica nebbia, così densa e familiare, è un passaggio per qualunque altro posto in cui ci sia la nebbia. Per esempio, ora, a San Francisco.
Dopo quattro album, sappiamo cosa aspettarci dalla musica dei Cindy, dal loro “fog pop” scarno eppure in qualche modo caldo, distante ma al tempo stesso affettuoso. Ogni volta, però, la seduzione si ripete, e la filigrana opaca del suono ci avvolge. Merito, senza dubbio, della voce di Karina Gill, che non sai mai come decifrare, nella sua distanza e nella sua carezza. Merito anche delle chitarre che ti cullano, sognanti e quasi svanite via, come un ricordo, come questa nebbia, come questo tempo, forse in viaggio, forse solo nei miei pensieri.
Karina Gill indica tra le sue influenze musicali solo band del presente, come April Magazine, Sad Eyed Beatniks e i Lewsberg. Ma nella memoria permane un lungo fade out, un accordo finale di Candy Says che diventa sempre più rarefatto senza mai scomparire mai del tutto. Il nuovo EP dei Cindy si intitola Swan Lake e racchiude soltanto sei canzoni, eppure dice tutto quello che occorre, l’essenza si espande, avviluppa mentre ti sfiora appena. Melodie meravigliose sussurrate nella nebbia.
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