All the things that we say, what difference do they make?

Magic User - Shadow on the Door (Dandy Boy Records)

Quando tutto intorno è solo stupido rumore che non ti lascia nemmeno sentire i tuoi pensieri, l’unica salvezza è reagire alzando il livello dello scontro, erigere un muro fatto di elettricità e sprofondare nell’abbraccio sporco e glorioso delle chitarre slacker Anni Novanta. 
“There's an ocean in my head / at the bottom there's a door”.
Se anche tu, come me, a volte senti proprio il bisogno di coprire il brusio senza senso del mondo con del buon indie rock che non vada tanto per il sottile, può esserti utile Shadow On The Door, l’album d’esordio dei Magic User, quartetto di Oakland che, manco a dirlo, è stato appena pubblicato dalla solita eccezionale Dandy Boy Records. I Magic User mettono subito le cose in chiaro già dall’attacco di Cowboy, che potrebbe essere stata scritta da un giovane J Mascis, sia per quanto riguarda i ruvidi riff sia per le rime decisamente essenziali: “don't say goodbye so soon / and don't take long / and don't be wrong”.
Mi piace l’attitudine dei Magic User, e non importa se, anche dopo ripetuti ascolti del disco, non mi sia ancora chiaro che cosa sia questa ombra che incombe sulla porta, non abbiamo bisogno di perdere tempo in spiegazioni quando sta per partire un altro giro di accordi che sopra porta scritto in grandi caratteri “Hüsker Dü: maneggiare senza cura”.
Questo suono è un bisogno primordiale, è caos caldo di distorsioni, feedback e batterie rimbombanti da cui emergono per un attimo promesse quasi jangling, subito sporcate con una indolenza e un pessimismo semplicemente entusiasmanti: "Nothing will last / I saw that on my phone".
Chi se ne frega se non è perfetto? Non cercavamo certo la perfezione nei dischi dei Pavement o dei Sonic Youth. Non sapevamo di cercare risposte sul senso della vita, eppure era proprio lì che le trovavamo: “There's a lot I'll never have / but down here we'll make it work”.
Non saremo noi a fare la differenza, ci ricordano queste canzoni, eppure quelli di Shadow On The Door sono trenta minuti di pratica terapia sonora, cura noise e melodica al tempo stesso, immediata scossa elettrica al torpore quotidiano. E a volte è tutto quello di cui hai bisogno. 

Out in the distance / a thousand ghosts
wait and listen / and make their jokes



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