Allucinata, sarcastica e dolente, la poesia di Fanta Sbocco sputa in faccia alla poesia e ci consegna, suo malgrado, la fotografia, lo scontrino e il resto di questa vita duemilaventicinque. I Laguna Bollente sono dietro il bancone a servire il tuo doppio vuoto freddo corretto. Senza un sorriso lasciano lì un album definitivo e se ne sbattono delle definizioni. Grottesco il mondo e noi che ci trasciniamo per questa esistenza esausta, e pretendiamo ancora di dire la nostra, di avere un’ultima parola che non ascolta mai nessuno: “io io io il concetto è stupido”.
Le dieci canzoni di Fanta Sbocco rispecchiano la mediocre distopia di tutti i tuoi giorni uguali, lavoro pagare violenza vizio banalità. “Sono un fallito comunque / ma ho una certa età”. Dunia Maccagni ed Elia Fabbro, chitarra, basso e drum machine, la voce seppellita nel suono nevrotico, una nota che martella, ritmo ossessivo.
Spesso, parlando del duo veneto, si citano i CCCP o certe lontane Luci Della Centrale Elettrica, ma mi viene in mente almeno un altro grande gruppo punk che girava senza batterista, ed erano altrettanto sconsolati, impietosi e furibondi: si chiamavano Big Black. I Laguna Bollente suonano come dei Big Black in formato bedroom pop e, almeno per me, con testi molto più interessanti.
Un teatro dell’assurdo disincantato e disgustato che però è capace di squarciare inaspettati sfregi lirici e di lasciarmi senza fiato: la vanità in decomposizione di Glitter che si scioglie nella filastrocca della “farfallina bianca”; l’alienazione televisiva che si infiltra nel nostri pensieri e che ci fa dire “quando parlo a volte sento come le risate registrate” (Sette mediatiche); la sottile new-wave Diana Est della surreale Un'astrazione, una stazione, un jet; il tedio cercato e voluto di Campari Noia, che al fondo dei giorni disperati comincia a scavare: “Lode alla noia / Per amnesia mi cambierà”. E quando all’improvviso appare il fantasma di Eugenio Montale in Radio R mi metto una mano sulla bocca, gli occhi appannati a ripensare a tutti quegli anni.
Il Fanta Sbocco è il più bel programma televisivo di questo pomeriggio che non finisce mai, tutto dedicato a noi bambini invecchiati, ipocriti e soli, personaggi secondari e senza senso di favole oscene, cupe e rassegnate. Ora una piccola pausa pubblicitaria e poi torniamo a crepare.
Spesso, parlando del duo veneto, si citano i CCCP o certe lontane Luci Della Centrale Elettrica, ma mi viene in mente almeno un altro grande gruppo punk che girava senza batterista, ed erano altrettanto sconsolati, impietosi e furibondi: si chiamavano Big Black. I Laguna Bollente suonano come dei Big Black in formato bedroom pop e, almeno per me, con testi molto più interessanti.
Un teatro dell’assurdo disincantato e disgustato che però è capace di squarciare inaspettati sfregi lirici e di lasciarmi senza fiato: la vanità in decomposizione di Glitter che si scioglie nella filastrocca della “farfallina bianca”; l’alienazione televisiva che si infiltra nel nostri pensieri e che ci fa dire “quando parlo a volte sento come le risate registrate” (Sette mediatiche); la sottile new-wave Diana Est della surreale Un'astrazione, una stazione, un jet; il tedio cercato e voluto di Campari Noia, che al fondo dei giorni disperati comincia a scavare: “Lode alla noia / Per amnesia mi cambierà”. E quando all’improvviso appare il fantasma di Eugenio Montale in Radio R mi metto una mano sulla bocca, gli occhi appannati a ripensare a tutti quegli anni.
Il Fanta Sbocco è il più bel programma televisivo di questo pomeriggio che non finisce mai, tutto dedicato a noi bambini invecchiati, ipocriti e soli, personaggi secondari e senza senso di favole oscene, cupe e rassegnate. Ora una piccola pausa pubblicitaria e poi torniamo a crepare.
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