Totalmente elettrizzati ed euforici per essere già entrati nella mia Top10 dei dischi del 2023 con i loro primi due EP su cassetta, gli scozzesi Dancer hanno deciso di superare sé stessi e di conquistarmi in maniera definitiva con il loro album di esordio. E ci sono riusciti.
10 Songs I Hate About You, uscito per la spagnola Meritorio Records, è una polveriera micidiale di spigoloso art-punk che incontra melodie twee, con l’irresistibile aggiunta extra di un senso dell’umorismo surreale e spiazzante.
Le chitarre taglienti e i ritmi frammentati mettono bene in chiaro da subito la loro parentela con band come Life Without Buildings e Altered Images (oppure, per restare su anni più recenti, Dananananaykroyd e Los Campesinos!), ma è il modo in cui certe increspature melodiche fanno inciampare le strutture più rigide che mi prende in contropiede e mi incanta per davvero. Quello strappo tra le strofe caparbie e i ritornelli colmi di dolcezze, come in Change o Make A Decision, per esempio, è il colpo che mi lascia proprio steso. La voce di Gemma Fleet passa in un attimo dal tono più indifferente e distante a strofe quasi impetuose: spesso sembra che stia litigando più che cantando. Può diventare all’improvviso tutta carezze e sentimentale ("I won't forget, I don't need to regret / Your passionate Sunday are all"), e proprio quando è più seria e malinconica è come se volesse farti ridere.
La band di Glasgow sembra parlare di grandi drammi, “il crollo tecnologico della nostra era moderna”, e poi alla fine era solo il bluetooth che non si collegava. Oppure sembrano cantare la nostalgia alla moda per i “mitici Anni Novanta” e invece ti stanno solo dicendo che sei uno sfigato boomer. E poi all’improvviso salta fuori che “I didn’t actually grown up a human / I was a teenage horse”.
I Dancer sanno confezionare a meraviglia un indiepop dalle qualità elettriche e nevrotiche, che gioca con l’assurdo ma che non è mai troppo cerebrale, che sa essere sottile ma anche spingere il rumore. 10 Songs I Hate About You è divertente, audace e assurdo, che non promette nulla e, almeno per me, mantiene tantissimo.
Le chitarre taglienti e i ritmi frammentati mettono bene in chiaro da subito la loro parentela con band come Life Without Buildings e Altered Images (oppure, per restare su anni più recenti, Dananananaykroyd e Los Campesinos!), ma è il modo in cui certe increspature melodiche fanno inciampare le strutture più rigide che mi prende in contropiede e mi incanta per davvero. Quello strappo tra le strofe caparbie e i ritornelli colmi di dolcezze, come in Change o Make A Decision, per esempio, è il colpo che mi lascia proprio steso. La voce di Gemma Fleet passa in un attimo dal tono più indifferente e distante a strofe quasi impetuose: spesso sembra che stia litigando più che cantando. Può diventare all’improvviso tutta carezze e sentimentale ("I won't forget, I don't need to regret / Your passionate Sunday are all"), e proprio quando è più seria e malinconica è come se volesse farti ridere.
La band di Glasgow sembra parlare di grandi drammi, “il crollo tecnologico della nostra era moderna”, e poi alla fine era solo il bluetooth che non si collegava. Oppure sembrano cantare la nostalgia alla moda per i “mitici Anni Novanta” e invece ti stanno solo dicendo che sei uno sfigato boomer. E poi all’improvviso salta fuori che “I didn’t actually grown up a human / I was a teenage horse”.
I Dancer sanno confezionare a meraviglia un indiepop dalle qualità elettriche e nevrotiche, che gioca con l’assurdo ma che non è mai troppo cerebrale, che sa essere sottile ma anche spingere il rumore. 10 Songs I Hate About You è divertente, audace e assurdo, che non promette nulla e, almeno per me, mantiene tantissimo.
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