There’s something about the taste of the love we make

Puà - Animali (WWNBB / Disco Sotterranei - 2024)

Questa sera i Puà arriveranno al Covo Club per presentare il loro primo album Animali. A fargli compagnia sul palco di Viale Zagabria 1 ci saranno i nostri cari Baseball Gregg e l'incredibile Anton Sconosciuto (ne avevamo parlato l'anno scorso qui). Se aggiungiamo che dopo i concerti gireranno i dischi di Glamorama direi che la serata si può già considerare imperdibile.

Animali è un vortice eclettico dalle influenze retrò che abbraccia le ispirazioni più diverse: si possono citare tanti classici, da Bowie ai Beach Boys, da Todd Rundgren agli Electric Light Orchestra. Ma al tempo stesso, i Puà si inseriscono anche in quella leva di nuove band e artisti che nell’ultimo decennio hanno recuperato e rinnovato un souno caldo e analogico, non di rado innamorato di certi Anni Settanta, come per esempio Foxygen, Fleet Foxes, Tame Impala o Timber Timbre.
Non a caso, è proprio in occasione di un concerto di questi ultimi, che nell’estate del 2022 si formano i Puà, quando Simona Catalani (Simmcat!) ed Edoardo Elia, fondatore dello studio Pom Pom di Roma e collaboratore anche di Weird Bloom, si incontrano per lavorare a una serie di canzoni incompiute e abbandonate da un po’ di tempo.

“Ho sempre paura che le mie parole possano suonare finte”, confessa Touch Me, la canzone che apre il disco. Poi succede qualcosa: un amore, dal passo flemmatico di un beat sinuoso, a poco a poco prende corpo e consapevolezza. Ed è come se la canzone partisse sopra una rampa di lancio e si lanciasse fuori sé stessa: “please, touch me” è un invito che racchiude tanto una richiesta di aiuto quanto il desiderio forte di superare le nostre solitudini, gli ostacoli al nostro comunicare.
Questa specie di “rampa di lancio” è un tratto comune a tutte le canzoni di Animali: dal synth-pop in punta di piedi della notturna Magic Dance, all’indie rock dai colori psichedelici di Fireman; al glam venato di cadenze blues di Beacon Margarita, fino allo sciame di percussioni che assediano la melodia di King Grace.
Ogni traccia intona in maniera differente una sorta di invocazione a liberarsi dalle catene di questa vita, dalle sue zavorre, dalle esperienze che facciamo sin da piccoli all’interno di un sistema che ci vuole addormentati. La maschera dell’illusione, la rappresentazione di ciò che percepiamo.




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